MEMORIA |
Domenico Carpanini, un cittadino |
Domenico Carpanini voleva bene alla nostra città, con dedizione. È ciò che tutti gli riconoscono. Essere un politico, cioè un cittadino attivo, consiste in questo: amare la città. Era studente al liceo Cavour, quando lo conobbi, ed io ero suo insegnante, trent’anni fa. Era rimasta tra noi una reciproca cordiale simpatia. Qualche tempo fa mi regalò il secondo volume delle Fonti dell’Archivio Storico della Città di Torino, Libri Consiliorum 1333-1339. Nella presentazione egli scriveva, con parole significative, di ritenere che questa pubblicazione «contribuisca anche ad una più diffusa conoscenza delle profonde radici dell’Istituzione comunale che da quasi un millennio (...) costituisce il centro di governo più ravvicinato ai problemi, ai bisogni e ai travagli della comunità cittadina». L’ultima volta che l’ho incontrato gli ho fatto gli auguri per l’elezione a sindaco. Lo aspettava, appena quindici giorni dopo, la morte improvvisa, il 28 febbraio, la sera in cui nelle chiese cattoliche (che lui non frequentava, ma rispettava), nel rito delle ceneri, si ascoltava l’ammonimento: «Ricorda, o uomo, che sei polvere, e in polvere ritornerai». Polvere che vale, e non si perde, se vive con dedizione. Tra i politici Carpanini era uno di quei pochi che scendono per strada e guardano e toccano i problemi di tutti, non ne parlano da lontano. Ironico e spiritoso, concreto, anche furbo quanto occorre in politica, prometteva di poter essere un sindaco operativo e comunicativo, già ora ben conosciuto da tutta la città. I cittadini possono approvare di più o di meno l’operato di un amministratore, ma tutti noi torinesi dobbiamo imparare da Domenico un grande amore per la nostra città, che lo merita. La buona politica è amore fattivo per gli altri. Attorno a questa morte, la città ha vissuto un momento di verità. Il funerale, distinguendo il momento civile da quello religioso, ha permesso a ciascuno dei molti partecipanti, di esprimersi in modo proprio. La sua caduta, come quella di Enrico Berlinguer, in piena attività, a 47 anni, ricorda alle persone attive il limite sempre incombente sui nostri progetti: i desideri sono infiniti, il tempo è finito. Le domande grandi che ci poniamo, spesso nell’intimo più silenzioso della coscienza, sono la parte che più conta nel nostro cammino di vita. Enrico Peyretti |