LETTERE
Il ruolo della donna nelle religioni monoteiste
Ascoltavo al Tg3 una trasmissione sui canti di donne ebree. La voce della donna ebrea in realtà dovrebbe essere sommessa. La donna ebrea non può cantare, secondo l’ebraismo osservante, neppure per la preghiera nella sinagoga, perché il suo canto può avere richiami sensuali per l’uomo e questo è fonte di preoccupazione religiosa.

La notizia mi ha colpita, non mi sono mai chiesta che ruolo venga riservato alla donna nelle religioni monoteiste e questa curiosità ora si è fatta strada.

Durante un colloquio con il rabbino di Torino, il religioso ha subito puntualizzato il problema all’origine delle regole di comportamento della donna e dell’uomo: «Le religioni monoteiste sentono profondamente la necessità del controllo della sessualità». Nell’ebraismo seicentotredici precetti di comportamento maschile e quattrocento precetti di comportamento femminile regolano la vita quotidiana.

Nell’ebraismo ortodosso i rabbini che hanno interpretato il Talmud hanno fissato due ruoli diversi per l’uomo e la donna, all’uomo sono stati attribuiti ruoli pubblici, alla donna ruoli nel privato della casa di abitazione. In realtà ora l’ebraismo ortodosso non impedisce alla donna di assumere ruoli pubblici tranne il rabbinato, e l’ebraismo riformato, nato agli inizi dell’Ottocento e diffuso negli Stati Uniti, permette il rabbinato alla donna.

Anche nell’ebraismo ortodosso qualcosa si muove: se fino ad ora solo gli uomini interpretavano la Thorah per ricavarne le regole di vita, ora gruppi di donne si dedicano all’interpretazione delle scritture per lo stesso motivo. Potranno quindi essere finalmente le donne ad influire sulle decisioni per il loro comportamento.

Nella sinagoga ai gruppi maschili di preghiera ora si aggiungono gruppi femminili che prima non erano previsti, sono inconcepibili i gruppi misti.

Il cattolicesimo come l’ebraismo tende a sublimare la sessualità, finalizzandola unicamente alla procreazione, anche se esistono centri di preghiera e di studio dove si afferma che la sessualità ha una sua carica spirituale. Ma mentre nell’ebraismo l’uomo non è personalità completa senza la donna, il cattolicesimo esalta la castità. Nell’ebraismo riformato la donna ha accesso al rabbinato, nel cattolicesimo la preghiera è comune ma non esiste per lei l’accesso al sacerdozio (codice di diritto canonico, canone 1040) ruolo nel protestantesimo.

Nell’ebraismo e nel protestantesimo è ammesso il divorzio mentre nel cattolicesimo il matrimonio è indissolubile, per cui nelle confessioni si assolve il rapporto sessuale con la prostituta ma non si perdona la ricostruzione di una vita di coppia ai separati e divorziati. Nell’islamismo si incontrano caratteristiche delle due altre religioni monoteiste. Per controllare la sessualità, che non è peccato se garantita dal matrimonio, la donna viene relegata nel privato, l’uomo può sposare fino a quattro donne.

La donna ha solo ora qualche accesso alla moschea e non può divenire imam. In ogni paese islamico esiste un’interpretazione con alcune variazioni del Corano rispetto il comportamento della donna, comunque in alcuni di questi la donna non può svolgere attività fuori dalle mura domestiche e può anche avere l’obbligo del velo in pubblico, una specie di cancellazione dal sociale. Durante il 1800 e i primi decenni del Novecento la condizione sociale della donna nell’islamismo era stata liberalizzata con più provvedimenti ma dalla guerra del golfo gli atteggiamenti conservatori sono prevalsi e l’integralismo si manifesta anche in forme di vera violenza.

È interessante confrontare l’ideologia del paradiso nelle tre religioni. Nell’ebraismo e nel cattolicesimo quest’ideologia è stata precisata in epoche concomitanti nel Medioevo. Il paradiso è il luogo del premio finale ad un comportamento conforme alle regole della religione. Questo premio è una vita asessuata, senza dolori, vissuta nella contemplazione di Dio.

Nell’islamismo il premio finale è una vita sessuata senza il timore del peccato.

Luisa Rinaldi


 
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