SCOMMESSE
Per una nuova opposizione
Così in 10 anni, questa è la terza volta che un governo degli Stati Uniti ci chiama, insieme ad una vasta coalizione mondiale, alla guerra contro uno stato “canaglia”.

In tutti e tre i casi c’era un buon motivo (ammesso che esista un motivo che possa giustificare la guerra): l’invasione a scopo di rapina del Kuwait, membro dell’Onu; la politica del governo serbo che lasciava mano libera ai corpi paramilitari per la pulizia etnica nel Kossovo; la protezione concessa dal governo afghano a gruppi terroristici macchiatisi di efferati delitti e decisi a commetterne altri.

Confesso di non riuscire a convincermi se la guerra, al punto in cui si era arrivati, fosse inevitabile, oppure se c’erano altre alternative, stretto come sono tra l’orrore della guerra e l’orrore per i crimini commessi. Ho però una sensazione precisa: continuando così di guerra in guerra, alla fine la situazione ci sfuggirà di mano e dovremo scegliere tra perdere la libertà o scatenare l’olocausto.

Questo perché la politica mondiale dei governi delle maggiori potenze, con poche differenze tra partiti conservatori e socialdemocratici, così come quella dei gruppi di opposizione radicale, è sbagliata perché è rimasta sostanzialmente la stessa di quella che era prima del crollo dei regimi comunisti, quando occorreva contrapporsi frontalmente alla sfida mortale che proveniva dalla parte opposta, mantenere il controllo sul proprio campo e destabilizzare quello avversario.

Governare la globalizzazione.

Invece il mondo è completamente cambiato e richiede un diverso approccio culturale e politico, che stenta a nascere.

Finito il confronto per la supremazia tra i due blocchi si è aperta la strada alla globalizzazione, cioè al formarsi di uno spazio mondiale in cui le persone, le culture, le idee, la ricerca, le informazioni, i capitali, la produzione possono spostarsi velocemente, possono incontrarsi ed interagire. Non è mai successo prima, è inevitabile, è bello, ma deve essere regolato e i governi nazionali non sono in grado di farlo; né possono farlo le grandi potenze, da sole o in accordo/competizione tra loro attraverso una politica che mira a garantire la prosecuzione del loro attuale ritmo di sviluppo senza alcuna preoccupazione per la situazione del resto del pianeta.

Occorre cambiare politica, coinvolgendo nelle decisioni anche i paesi poveri, impostando con loro innanzitutto un piano di emancipazione democratica e civile, capovolgendo l’attuale politica retaggio della guerra fredda, che tende a preferire le dittature militari o le oligarchie tribali, magari avide e corrotte, ma più facilmente controllabili e ricattabili, anziché favorire e sostenere classi dirigenti democratiche che abbiano un reale interesse per il bene del loro paese e vogliano svilupparlo e non depredarlo. All’inizio trattare con loro può essere difficile e presentare più problemi, ma sicuramente favorisce una “pace duratura”.

Con questi gruppi dirigenti il primo mondo potrà impostare un piano di sviluppo globale, che danneggerà gli interessi costituiti e richiederà sacrifici da parte nostra ma, alla lunga potrà essere vantaggioso per tutti, anche per l’economia dei nostri paesi.

Verso un governo mondiale.

Anche la politica delle superpotenze verso l’Onu è sbagliata. Per paura di perdere il controllo e la propria sovranità, tengono questo organismo in una situazione di impotenza, preferendo incontri diretti o un direttorio come il G8.

È vero che non bisogna farsi illusioni, prima di poter essere un vero governo mondiale, l’Onu deve risolvere difficilissimi problemi politici, giuridici, di rappresentatività, e deve subire profonde trasformazioni; ma senza un progetto serio e una forte volontà politica, questi problemi non potranno essere affrontati e risolti.

La situazione è aggravata dal fatto che le opposizioni non sono pronte a proporre alternative credibili a questa politica egemonica. I partiti socialdemocratici hanno una politica internazionale sostanzialmente uguale a quella dei partiti conservatori e sono legati agli stessi poteri industriali e finanziari che premono per il mantenimento dello status quo.

Anche la politica dei gruppi pacifisti, ecologisti e di estrema sinistra è inadeguata perché è troppo radicale o utopistica o decisamente sbagliata per poter raccogliere intorno a sé il consenso stabile e convinto di vasti strati popolari per conquistare la maggioranza necessaria a cambiare l’attuale politica e, particolarmente in Italia, anch’essi ragionano come se ci fosse ancora la guerra fredda tra est e ovest, e spesso usano analisi marxiste obsolete. Sono utili come stimolo, come testimonianza, come critica, ma non hanno sbocco: sono destinati a restare una ristretta minoranza.

È invece urgente e vitale la nascita, nei nostri paesi, di una opposizione di massa che rappresenti un’alternativa credibile e possibile e non proponga sconvolgimenti non necessari e cambi traumatici e inaccettabili del nostro modo di vita. A me pare che le idee e i progetti per questo tipo di alternativa ci siano già anche se sono da approfondire, pubblicizzare e spiegare per convincere; credo anche che esista nei nostri paesi una potenziale maggioranza, oggi confusa, frastornata e demoralizzata, disposta ad appoggiare questa politica ed a fare i sacrifici necessari.

Quello che oggi è tragicamente carente sono leaders e gruppi dirigenti non più condizionati dal passato, che abbiano capito lucidamente la nuova situazione e siano sufficientemente coraggiosi da rischiare il confronto sui due fronti: quello dei conservatori e quello degli estremisti.

Angelo Papuzza 


 
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