LETTERE |
Troppo lunghi, troppo tolleranti |
Spett. redazione, se il tempo me lo consentisse vorrei riprendere il dialogo con il foglio. Mi limito a due rilievi. Il primo praticissimo: siate più concisi! Una massima di Aristofane (che porto sempre appo me nel portafogli) recita: «È da uomo saggio dire bene molte cose con un discorso breve e conciso». Abbiate pazienza: faccio appello alla mia annosa esperienza ma anche agli echi che mi giungono di vostri affezionati lettori. Rischiate di ingenerare noia, diluendo in geremiadi idee valide o comunque discutibili. Anche psicologicamente, una articolessa (vedi il foglio 285 n.d.r.) scoraggia il più eroico lettore e impoverisce l’incisività del contenuto.
Secondo: enuncio soltanto. Persiste (anche in voi) l’equivoco «tolleranza» (che è un vizio e non una virtù) e «convivenza pacifica». Me ne spiace: traggo l’impressione che si avalli lo squallido Grazie dell’attenzione e cordiali auguri, Torino, 27 ottobre 2001 padre Valerio Ferrua Caro padre Ferrua, ha ragione, i nostri articoli sono spesso troppo lunghi. Cercheremo di fare un po’ meglio. Con la scusante che non abbiamo ancora raggiunto quella saggezza di cui parla Aristofane, evidentemente. Il secondo punto non è chiarissimo. Per quanto riguarda la tolleranza, qualcuno ce ne imputa troppo poca... Mah! Noi stiamo – come recentemente ha ricordato Umberto Eco su «Repubblica» – con il Dizionario della lingua italiana Treccani, che tra le accezioni di tolleranza mette «atteggiamento teorico e pratico di chi, in fatto di religione, politica, etica, scienza, arte e letteratura, rispetta le convinzioni altrui, anche se profondamente diverse da quelle a cui egli aderisce, e non ne impedisce la pratica estrinsecazione». Su questo possiamo concordare? Sull’ecumenismo e il dialogo interreligioso il discorso sarebbe lungo, troppo lungo. Ma ora è il Papa che lo rilancia. Con amicizia. [ ] |