LETTERE 
La successione di Pellegrino 
e la Camminare insieme

Caro Bodrato, grazie per aver ricordato [sul foglio 287] Pellegrino a 15 anni dalla morte, anche se non concordo pienamente col tuo scritto. Certo, Pellegrino accolse la richiesta del Consiglio Pastorale di «avere un ruolo, almeno formale, nella sua successione», ma la richiesta fu l’atto finale di risposta alla forte sollecitazione di Pellegrino proprio all’addormentato Consiglio pastorale:  «È vostro dovere partecipare alla scelta del nuovo vescovo, prospettando realtà e attese della chiesa locale».

Questo sentire la chiesa come «comunità cristiana in cammino» (le citazioni potrebbero essere tante) fu l’impegno pastorale di Pellegrino di cui la lettera pastorale Camminare insieme fu un accidente contingente, purtroppo utilizzato dai “buoni” per marcare l’impegno pastorale e le scelte operaie a tutto il contenuto di un episcopato e dai “cattivi” per confinare nell’ambito di una certa egemonia politica contingente la profondità evangelica della pastorale di Pellegrino.

Claudio Picardi
 

Accolgo volentieri l’integrazione di Picardi che, se non erro, faceva parte con me dell’«addormentato» Consiglio pastorale di quegli anni. Effettivamente Pellegrino non solo accettò, ma incoraggiò l’intenzione dello stesso di farsi portavoce della diocesi in merito alla sua successione (qualcosa di analogo sembra possa avvenire oggi a Milano a seguito delle dimissioni di Martini). Ho invece qualche perplessità sull’opportunità di definire «addormentato» un organismo consultivo che tra molte tensioni interne ed esterne cercava di essere presente almeno su alcuni dei grossi temi pastorali del momento. Certo non era perfetto. Ma se diciamo che quel Consiglio dormiva o dormicchiava, quali termini ci restano a disposizione per definire quello attuale, che si lascia espropriare in silenzio persino del diritto di conoscere gli ambiziosi progetti urbanistici del vescovo e di esaminarne e discuterne gli effetti e le prospettive pastorali?

In quanto poi a considerare «accidente contingente» la Camminare insieme, nata da una consultazione e da un dibattito quasi triennale, la cosa mi pare sinceramente peregrina, non tanto perché condivida l’idea che essa sia frutto di una giusta scelta a favore delle classi più povere (tale è anche stata per sua esplicita dichiarazione), quanto perché essa è l’esito maturo del tentativo di Pellegrino di dare alla sua chiesa il volto di essere una «comunità cristiana in cammino», una comunità povera, libera e fraterna al suo interno, ma anche una comunità capace di generare