LIBRI |
Una vita per gli amici |
Negli ultimi tempi della sua vita Turoldo sentiva sempre più forte l’esigenza di lasciare agli amici testimonianza della propria vita. Non riuscì ad arrivare alla stesura di un libro più compiuto: quello che è stato pubblicato nel 2002, in occasione del decennale della morte, è il testo scaturito da un’intervista di Maria Nicolai Paynter (insegnante di letteratura italiana a New York e vincitrice insieme a lui del Premio Silone nel 1989) e già parzialmente pubblicato da lei nel 1994. Conserva quindi l’immediatezza e la genuinità dello stile colloquiale, senza intaccare l’intensità della riflessione su di sé e la forza del messaggio spirituale che intende trasmettere. Vocazione e Resistenza era il titolo voluto dall’autore. Vocazione, perché la scelta di farsi frate, di rimanere nella chiesa, fu una scelta costosa e dolorosa che mise alla prova la sua fedeltà: «Ho avuto la tentazione di andarmene infinite volte. Sono restato perché non basta credere per se stesso, bisogna credere anche per gli altri. E quando si hanno responsabilità pubbliche, prima di scegliere ciò che più piace, si deve scegliere ciò che si deve», disse a Garzonio (p. 218). E al priore del suo convento, nell’ultimo incontro: «Dì ai giovani che vale la pena di essere frate; che vale la pena fino all’ultimo» (p. 9). Resistenza, per l’impegno effettivo nella Resistenza e per tutta una serie di iniziative rivoluzionarie ai tempi della Liberazione e in seguito (la fondazione del giornale «L’Uomo», l’istituzione della «Messa della carità», l’utopia di Nomadelfia), che gli attirarono opposizione e condanne soprattutto all’interno della Chiesa. Ma anche perché, come ripeteva spesso, «il cristiano è un resistente» e la Resistenza era «la sua divisa interiore». A pochi mesi dalla morte esortava a una «concezione ormai metafisica dell’essere cristiano, per resistere dentro la stessa società, tanto religiosa che civile» (pp. 219-220). L’autore ripercorre tutte le tappe della propria vita in spirito di vera e propria confessio: c’è l’analisi sincera del proprio cammino di formazione spirituale, intellettuale e culturale; c’è la riconoscenza verso genitori, compagni, maestri, amici; c’è la pena per accuse e umiliazioni subite, per episodi dolorosi, comunque rievocati con puntigliosa esattezza; c’è la difesa delle proprie motivazioni profonde, radicate nel vangelo; c’è il riconoscimento di errori commessi; c’è la fierezza di tante battaglie combattute, c’è soprattutto l’umile interrogarsi sul senso delle cose vissute. Chi legge incontra dal vivo una personalità di straordinaria umanità e passione; un narratore vivace, capace di usare tutti i toni, dal drammatico all’aneddotico, all’umoristico; un poeta che rimedita sulle ragioni e le forme del suo poetare e intercala al racconto i suoi versi più significativi collocandoli nelle circostanze in cui sono sorti; un grande spirito che esprime in forme sempre acute e originali le acquisizioni sapienziali di una vita. Ma molto interessante è anche la possibilità di ripercorrere le vicende politiche, sociali e religiose di mezzo secolo di storia italiana, i rapporti di Turoldo con grandi personaggi del suo tempo (i cardinali Schuster, Montini, Pignedoli, ecc.), e di comprendere il senso di scelte difficili, come quella di separarsi da don Mazzolari, quando questi scelse la Dc nel primo dopoguerra, o di non appoggiare le campagne contro il divorzio e l’aborto in occasione dei rispettivi referendum. • D.M. Turoldo, La mia vita per gli amici. Vocazione e Resistenza, a cura di M. Nicolai Paynter, con saggi di M. Nicolai Paynter e M. Garzonio, Milano, Mondadori, 2001, pp. 226, euro 15. |