Guerra & pace |
Arcobaleni sui balconi |
Mattino, una luce diversa entrava dal mio balcone: sono i colori dell’arcobaleno di una bandiera che sventolava di fronte al mio davanzale. L’ondeggiare del vessillo è un invito ad uscire di casa. Con uno splendido sole, che brilla nel cielo, e attrezzato di macchina fotografica incomincio a camminare nelle vie del quartiere. Non per contare le bandiere della pace, ma per lasciarmi interrogare dai loro colori, dalla pace stessa. Ad ogni balcone imbandierato mi sembrava che la pace sussurrasse: «per diventare operatori di pace bisogna camminare nella vita, nella storia. Incominciando dal proprio balcone, dalla propria finestra; cioè dalla propria famiglia, dal proprio, quartiere». Infatti «il cristiano è un uomo di pace, non un uomo in pace: fare la pace è la sua vocazione» (don P. Mazzolari). Lo spettacolo meditativo, frizzante come la mattinata, lo respiro insieme ad ogni scatto fotografico. La storia oggi continua a dirci, complici i mezzi di telecomunicazione, che la guerra è inevitabile! Vittorio Andreoli, acuto psicologo e uomo in ricerca, sulla rubrica settimanale di «Avvenire», afferma: «temo che gli Stati Uniti e la Gran Bretagna faranno la guerra. L’Italia sarà un alleato come al solito incerto, ambiguo: si mostra cauto pubblicamente e sotto banco assicura la partecipazione attiva. Non resta che diventare cittadini sul serio. Rompere la passività, la fatalità, che tolgono di significato persino ai calorosi inviti del Papa alla pace. Come se non dicesse nulla, o fosse parte di una regia scontata e inutile» (28/1/03). Queste bandiere raccolgono e rilanciano la sfida, colorano i palazzi delle città e dicono al Palazzo che la vita non può essere delegata. Ai politici nel Palazzo, di qualsiasi colore o bandiera, non ho delegato l’etica o il diritto di decidere della vita. Anzi, la Costituzione italiana dice che «l’Italia ripudia la guerra». L’uccidere, prosegue Andreoli, «non è materia amministrativa, ma di senso della vita, è una legge dentro di me che mi appartiene e che non posso delegare a nessuno», perché sono, vorrei dire siamo, irrevocabilmente titolari. L’arcobaleno delle bandiere è un esplicito richiamo biblico: simbolo della nuova alleanza tra Dio e l’umanità dopo il diluvio universale. Mentre continuo a guardare le bandiere penso a Noè, che nella generale incomprensione e derisione preparava l’arca per salvare il seme dell’umanità. L’uomo giusto contro corrente che ripone la sua fiducia nel Dio della pace come il Papa. I colori continuano a parlare, dicono che per sconfiggere l’alleanza del male, della guerra, è necessario costruire l’alleanza smarrita perché «la pace è sempre possibile» (Pacem in terris). Con la violenza puoi uccidere un criminale, ma non puoi uccidere il crimine. «Con la violenza puoi uccidere chi odia, ma non puoi uccidere l’odio. Con la violenza puoi uccidere un bugiardo, ma non puoi ristabilire la verità. L’oscurità non può eliminare l’oscurità. Solo la luce può farlo» (Luther King). Tornando a casa dall’escursione nel quartiere, parlo con una ragazza della mia mattinata. Anche lei è meravigliata dalle bandiere viste in città, mi confessa che le sarebbe piaciuto metterla sul suo balcone, ma in famiglia non c’è accordo. M. L. King ha ragione: quelle bandiere nel quartiere sono schegge di luce e, forse anche per questo, possono disturbare. Anche una semplice bandiera fa discutere, oggi non credo sia solo folklore, inutile perdita di tempo. Mentre era in prigione a Birmingham nel 1963, per disobbedienza civile, M. L. King scrisse a un amico queste parole: «Mi sto convincendo che gli uomini di cattiva volontà hanno usato il loro tempo con assai maggiore efficacia che non gli uomini di buona volontà. Noi di questa generazione dovremmo pentirci non semplicemente delle parole e delle azioni al vetriolo dei cattivi, ma anche dello spaventoso silenzio dei buoni. Dobbiamo impiegare il tempo creativamente, e dobbiamo riconoscere che il tempo è sempre maturo quando si vuole agire bene». Sento già l’obiezione di fondo: tante bandiere non cambieranno la storia, ma oggi sono dentro a questa storia, non in un’altra e spero che continuino a sventolare per sempre e un giorno ancora nei nostri cuori. Silvio Mengotto |