Davanti alla guerra, che fare?

Il giudizio su questa guerra preventiva annunciata come fatale è chiaro: immorale, illegale, producente altro terrorismo. Perché l’Iraq è scelto a bersaglio, tra tante situazioni simili, anche più pericolose? Perché i veri motivi non sono quelli proclamati, ma il posizionamento geopolitico degli Usa in Asia, il messianismo e fondamentalismo pseudocristiano apocalittico a cui appartiene Bush, le mire sul petrolio dei potentati economici ostinati nello sfruttamento finale imprevidente, la soluzione del conflitto israelo-palestinese sulla linea militare di Sharon. Sconfinata è la stoltezza di chi va ad estendere l’incendio in un Islam già storicamente umiliato. Ma noi, comuni cittadini, che così la giudichiamo, che possiamo fare, prima che cominci, o quando sarà scatenata?

«Ci sono due sole grandi potenze al mondo: gli Usa e l’opinione pubblica», ha detto Lidia Menapace. Il giudizio di circa 11 milioni di manifestanti nel mondo, il 15 febbraio, interpreti almeno di altrettanti che non possono scendere in strada, è una forza sana, nonviolenta, che sfida e tiene testa alla forza armata. I governi, anche Bush, hanno dovuto tenerne conto, se non altro nel tentativo di squalificarla, dileggiarla, o artatamente fraintenderla (come Berlusconi col dire che il 15 febbraio ha dato sostegno a Saddam). I popoli condizionano i governi, giustamente, non solo nel momento elettorale. I governi possono calpestare la volontà popolare, pur rispettando le formalità democratiche, ma non per molto. La democrazia è anche partecipativa, non solo elettiva. Sarà bene ricordarlo ora che governi eletti democraticamente fanno guerra a una dittatura.

Dunque, manifestare la volontà di pace è una possibilità di ogni cittadino, chi in un modo chi in un altro: in strada, con le bandiere della pace alle finestre, scrivendo a giornali e autorità, con le “ore di silenzio per la pace” che si tengono in varie città. Chi è credente lavora per la pace anche con la preghiera, perché Dio è parte in causa nelle vicende umane, e prende sempre le parti del perseguitato, persino quando è un giusto che perseguita un cattivo (Vajikra Rabba, 27, Scritti rabbinici).

Per agire, il comune cittadino non deve restare solo, ha bisogno di associarsi, anche in gruppi provvisori, meglio in associazioni o organizzazioni che lavorano con continuità nella ricerca, educazione e azione per la pace. Tali nuclei di cittadinanza sono forze positive, che difendono la società da chi approfitta della disgregazione per dominarla, che sviluppano l’intelligenza e la capacità di ciascuno. I partiti sono necessari, ma senza i movimenti profondi sorgenti dalla società si sclerotizzano.

Ora ci sono quelli che vanno a Baghdad a fare da scudi umani alla popolazione bersaglio dei bombardamenti (vedi www.humanshields.net). Non tutti abbiamo il coraggio e la possibilità di farlo, ma tutti possiamo sostenere chi assume su di sé questa solidarietà fisica con un popolo in pericolo. Gesti di pochi ma di qualità alta, che ripara nell’intero bilancio dell’umanità il cinismo di chi programma la morte altrui, di molti altri, come mezzo d’azione. Le Peace Brigades International, per esempio, agiscono così, nel silenzio, dal 1981 in vari luoghi pericolosi, a proteggere senz’armi persone minacciate (www.peacebrigades.org; segreteria a Chieri, tel. 349-31.86.494; ). E negli anni recenti continuano a formarsi gruppi e iniziative analoghe (in Italia i Berretti Bianchi: ).

Ci sono sempre alternative, perché la guerra non è altro che la rinuncia alla ragione e alla inventiva, spacciata proditoriamente per realismo. Una delle principali e più concrete alternative sarebbe oggi uscire progressivamente dall’economia del petrolio sviluppando le risorse rinnovabili, invece di accanirsi nella rapina a mano armata di quell’energia sempre più costosa, inquinante, distribuita con ingiustizia, e destinata ad esaurirsi.

Boicottare prodotti Usa (Coca Cola, McDonald, uso di dollari come valuta, ecc.) è possibile a tutti ed è efficace: il profitto è sensibile ai centesimi. È possibile, perché è già avvenuto nel 1999, bloccare almeno per qualche tempo la partenza dei bombardieri dalle basi italiane: gesto fragile ma grandemente significativo ().

Ci sono progetti politici che i “politici” non sanno pensare: Galtung a Torino in gennaio ha proposto una CSCME (Conferenza Sicurezza e Cooperazione Medio Oriente, analoga a quella europea di Helsinki, 1975, che diede i suoi frutti nel 1989), con tre punti: Israele, curdi, Iraq. Non si possono tollerare armi di distruzione di massa, da nessuna parte; dunque bene le ispezioni in Iraq; ma c’è Israele nella stessa situazione. Le disobbedienze alle risoluzioni dell’Onu sono queste: Israele 32, Marocco 22, Turchia 27 (tutti e tre amici degli Usa), Iraq 8. Non si può costruire un mondo di pace senza universalismo e uguaglianza di legge, del tutto assenti nei piani di Bush. L’unica via per cambiare il governo in Iraq sono le necessarie elezioni democratiche; per questo occorre una speciale agenzia Onu sulle elezioni (magari anche in Florida dove un presidente è stato scelto dai giudici eletti da suo padre!).

Al Papa che tanto chiaramente ha parlato rivolto ai maggiori responsabili è stato chiesto di fare appello alle coscienze personali, non solo ai governanti e comandanti (vedi appello a pag. 6): se la guerra è ingiusta, consideri ogni combattente e collaboratore e cappellano se la coscienza non lo obbliga a disobbedire personalmente.

La sorella di una vittima dell’11 settembre ha detto a Firenze: «Noi statunitensi abbiamo bisogno di amici non di alleati». Agli oppositori interni di Bush, non pochi, esprimiamo e comunichiamo amicizia, come d’altra parte al popolo iracheno oppresso da dentro e minacciato da fuori. La comunicazione tra i popoli, oggi tanto più facile, è arma costruttiva di pace, almeno per il futuro.

In Italia chi è contrario alla politica di guerra può fare ciò che prima era possibile solo ai giovani di leva: è partita la campagna di obiezione di coscienza del cittadino e della cittadina, di ogni età e condizione, che dichiara la sua volontà politica e sceglie fra alcuni precisi impegni pratici positivi (rivolgersi al Centro Studi Sereno Regis, 011-53.28.24; oppure www.retelilliput.org/scelgolanonviolenza.asp; mail: ).

In Europa è in corso un movimento per includere nella Costituzione in elaborazione il principio del ripudio della guerra, e per l’attuazione del Corpo Civile Europeo di Pace, proposto da Alex Langer per interventi civili nei conflitti, per la pace preventiva.

Molto si può fare, altro si può inventare, rassegnarsi non si può.

Enrico Peyretti
 


 
 
[ Indice] [ Sommario] [ Archivio] [ Pagina principale ]