LETTERE |
In margine a una morte |
La Chiesa insegna a pregare Dio per i vivi e per i morti. È un’opera di misericordia spirituale. Molti l’hanno certamente compiuta nei confronti del Signor Agnelli, anche se la misericordia di Dio l’ha certo preventivamente accolto nel Regno dove saremo preceduti, lo scrive Matteo, dai pubblicani. Agnelli lo era, anche se in senso lato. E convertito, a leggere Messori su «Il Corriere della Sera» del 27 gennaio. Non so quante domeniche ogni anno potesse essere a Perosa Argentina per andare a messa con la moglie. E poi andare a Messa non basta. Come non basta pregare alla Consolata. La misericordia di Dio comunque è grande, tanto che so di averla ricevuta anche io tante volte e di riceverla continuamente. Messori usa parole di grande apprezzamento nei confronti del card. Poletto che, Arcivescovo di Torino, ha proposto l’Omilia. Una vera, proprio secondo le indicazioni del Concilio. Questo fa piacere. La Chiesa che è in Torino vive bene. Ed ecco, però, che Messori trova il modo, subito dopo, di criticare pesantemente il card. Pellegrino, il terzo predecessore del card. Poletto. Avrebbe «paradossalmente» vietato i pellegrinaggi a Lourdes, per anni organizzati da gente della Fiat. Erano gli «anni folli dell’eccitamento postconciliare». Erano, invece, anni belli, come quelli poi vissuti a Torino, e come quelli che si vivranno ancora, perché Cristo è risorto. Anni, quelli di Pellegrino, nei quali Messori viveva a Torino, intensamente. Cristo è risorto, anche per Agnelli, per Pellegrino, per Ballestrero, suo successore. Penso anche per Messori. Perché, però, continua ad indignarsi? Perché questa, forse apparente, acredine, in margine ad una morte? Si ricordi, Messori, che i funerali sono stati sobri non solo per le indicazioni conciliari, attentamente recepite dalla Chiesa in Torino anche per merito di Pellegrino, ma anche perché, non paradossalmente, Pellegrino e i suoi collaboratori evitarono che si continuassero a fare funerali «a cura della Fiat», come si era cominciato. Pellegrino rinviò al mittente la bella auto che la Fiat gli regalava. Da allora «La Stampa» ne ignorò l’esistenza, fino al 1972, quando fu pubblicata la lettera pastorale «Camminare insieme» che ebbe risonanza mondiale. Non aveva bisogno di regali da chi non ne faceva mai a decine di migliaia di emigrati dal Sud che rischiavano di scoppiare e far scoppiare Torino. Pellegrino riaccolse nel suo presbiterio un prete che la violenza Fiat aveva voluto fosse estromesso e un vescovo debole e provvisorio l’aveva accontentata. Pellegrino era a capo di una Chiesa povera, ma non accettò compromessi, e non ebbe soldi. Ne aveva ricevuti molti un istituto religioso, ma non perché agli Agnelli, si era ancora ai tempi del Senatore Giovanni, importasse l’istruzione religiosa e l’educazione cristiana del popolo. In quegli Istituti si potevano formare quadri sicuri. Si gettavano le basi dei «sindacati gialli». Pellegrino andò ad onorare la salma del prof. Valletta. Non vi andò, si disse, come vescovo, ma come uno che da tanto tempo viveva a Torino, era professore anche lui. Messori non dice chi Gianni Agnelli avesse scelto come «precettore» dei due suoi figli. Non fu la scelta di un cristiano. Scelse infatti Antonicelli. Anche di questo il Signore misericordioso l’avrà perdonato. Messori dovrebbe tenerne conto. E non infierire, in margine ad una morte. Fra’ Giacomo Grasso, o.p |