Dio d’Europa?

Menzionare Dio nella Costituzione europea? Dopo l’apparizione della prima bozza, irritazione vaticana (insieme agli ortodossi, pare, e magari ai leghisti il cui cristianesimo è soltanto anti-islamismo) perché non c’è un riferimento alla religione cristiana e a Dio. Mentre il Papa battaglia gandhianamente con l’impero di Bush per salvare la pace, ecco che clericalmente esige di tirare in ballo l’Altissimo in cose degnissime ma non altissime.

Anche in Europa e persino in Vaticano vige, non abrogato, il secondo comandamento: «Non nominare invano il nome di Dio».

E vale la lezione storica: tutte le volte che Dio è stato scritto su labari, proclami, sentenze, cinturoni e monete, non ne è venuta alla povera gente benedizione, ma sciagure, violenze sacralizzate, ben più che religiosa mitezza.

«Vivens homo gloria Dei», diceva sant’Ireneo di Lione, e cioè «la gloria di Dio è l’uomo vivente». Affermare i diritti inviolabili e la dignità della persona, cosicché ognuno possa vivere vita umana, che rende gloria a Dio anche in chi non lo conosce: questo è il modo proprio a una costituzione democratica di nominare Dio senza nominarlo, senza violare il comandamento e senza ridurre il pluralismo. Nominare Dio nella legge fondamentale dividerebbe i cittadini, che non tutti credono in lui, e la divisione non è pace, non piace a Dio.

La nostra Costituzione italiana non nomina Dio, ma afferma chiaramente i diritti della persona umana, sua immagine, e ripudia la guerra, e impegna alla giustizia. È questa la «vera religione» (grande tema biblico, culminante nei criteri del giudizio finale, in Matteo 25), in una società di più culture e religioni.

Radici cristiane dell’Europa, si dice. Va bene, ma anche radici criminali, aggiungeva Garaudy. «Non siamo innocenti, come europei» hanno ricordato Monticone e Alberto Melloni in due convegni a Roma in gennaio: più che vantarsi di Dio, l’Europa confessi la shoah, le guerre, le conquiste, le discriminazioni, le diseguaglianze che ha compiuto, per andare verso un futuro più giusto. «Non chi dice Signore, Signore...». Dio respinge il culto formale, il suo nome sul frontone della città: il culto che gradisce è che noi viviamo vita giusta.

Radici cristiane, è pur vero, ma non solo. L’Europa moderna ha radici laiche, illuministe, e non meno marxiste. Diciamole tutte, le radici, nei loro intrecci e tensioni e opposizioni. O non è forse meglio, in una costituzione, parlare dei valori-programma, che da tutte quelle radici derivano, e sono impegno di oggi e di domani, più che impegolarsi in interpretazioni controverse del passato?

Infine, quali che siano le radici, ricordava Melloni, oggi i rami che crescono in Europa sono anche rami non religiosi e di varie altre religioni. Allora diciamo con quali criteri di pace e giustizia vogliamo convivere, come europei, entro l’intera famiglia umana, più che litigare sulle particolari ascendenze nobili.

Enrico Peyretti
 


 
 
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