CINEMA |
Gangs of New York |
Più che brutto, orrendo. E non tanto per la violenza senza pause né sfumature, con effetto persino tragicomico, quanto per il carattere monotono del racconto, sempre uguale. Anche la rivolta dei poveri contro la guerra, è una guerra. Certo, il film di Scorsese fa vedere una terribile mafia nativa, prima dell’importazione italiana. Ma quella terra e quel popolo-di-popoli contengono ben altre e migliori cose, nella loro origine e persino nel loro preoccupante presente, che ci tocca tanto spesso criticare. La trasfigurazione finale della città, come per assolvere il passato nel presente (ma chi assolverà il presente?), è il culmine del cattivo gusto. Oppure, il regista, sfidando i tribunali speciali di recente istituzione, voleva denunciare il governo e il presidente attuale (scelto, selected, non eletto, elected), che può venire in mente nel vedere il macellaio pazzo furioso del film. E sembrerebbe, il regista, odiare o disprezzare il suo paese, rappresentato come un popolo di bambini armati e feroci. Ma se era così, dovevate dirmelo: non avevo bisogno di perdere tre ore. Enrico Peyretti |