EDITH STEIN SCRIVE A PAPA PIO XI
Il rumore del silenzio

Edith Stein (Breslavia 1891 - Auschwitz 1942) abbandona all’età di dodici anni la pratica religiosa ebraica, in cui non vede che ritualità familiare. Nel 1911 termina il liceo ed entra all’università di Breslavia per studiarvi psicologia (da soli tre anni le università prussiane avevano aperto l’accesso alle donne). Attratta dalle idee di Edmund Husserl, fondatore della fenomenologia, nel 1913 si trasferisce a Gottinga per seguire i suoi corsi. Husserl approva il tema della sua tesi di laurea: il problema dell’empatia. Dall’aprile 1915 trascorre sei mesi come infermiera volontaria della Croce Rossa in un ospedale militare in Moravia. Nel 1916 riceve il dottorato in filosofia «summa cum laude» a Friburgo, dove nel frattempo aveva seguito quello che per lei sarebbe per sempre rimasto der Meister. È assistente di Husserl fino al 1918, anno in cui, tra contrasti e frustrazioni, abbandona l’incarico, tentando, inutilmente, di ottenere una cattedra universitaria.

Negli anni della guerra e dell’immediato dopoguerra, Edith Stein, attraverso figure di rilievo dell’intellettualità cattolica e protestante (Adolf Reinach, Max Scheler, Theodor e Hedwig Conrad -Martius), si avvicina al cristianesimo, concentrando il suo interesse sul misticismo carmelitano di Teresa d’Avila e Giovanni della Croce. Il suo percorso si conclude il primo gennaio 1922 con il battesimo cattolico. 

Dal 1923 insegna al collegio femminile di Santa Maddalena a Spira, associando a questo suo modesto incarico un’intensa attività di ricerca filosofica e teologica e di conferenze e trasmissioni radiofoniche in vari paesi di lingua tedesca sul ruolo della donna nella società. 

Nel 1932 inizia l’insegnamento all’Istituto tedesco di Pedagogia scientifica di Münster, un’esperienza stroncata dagli avvenimenti politici del 1933. Subito dopo l’avvento al potere di Hitler, Edith chiede un’udienza privata con il papa Pio XI sul tema dell’antisemitismo in Germania. L’udienza viene rifiutata. Invia allora al Papa una lettera, ricevendone in risposta una benedizione per sé e la sua famiglia. 

L’espulsione dall’Istituto di Münster apre l’ultima fase della sua vita. Mentre la sua famiglia è dispersa dalla persecuzione, decide di entrare come monaca carmelitana scalza al monastero di Colonia. La Notte dei cristalli (novembre 1938) induce la sua comunità a tentare di salvarla con il trasferimento a Echt, nei Paesi Bassi, ancora liberi, a capodanno del 1939. Il Benelux viene invaso dai tedeschi nel maggio 1940, e nel 1941 vi iniziano le deportazioni degli ebrei. Edith (insieme alla sorella Rosa che l’aveva raggiunta ad Echt) viene arrestata il 2 agosto 1942. La sua ultima lettera è del 6 agosto, il giorno prima della partenza del convoglio, che giunge ad Auschwitz il 9. Il giorno stesso Edith Stein muore nella camera a gas ad Auschwitz-Birkenau.

La lettera al Papa

L’esistenza della lettera di Edith Stein a Pio XI è nota da sempre, poiché lei stessa vi accenna nella sua autobiografia. Tuttavia la pubblicazione del testo ha dovuto attendere settant’anni, nonostante che in occasione della beatificazione (1987) e canonizzazione (1998) di Edith Stein fossero stati prodotti documenti biografici in enorme quantità. La pubblicazione coincide con la recentissima apertura degli archivi segreti vaticani allo studio dei documenti sulle relazioni tra Germania e Santa Sede nel periodo 1922-39. L’apertura avviene sotto la pressione esercitata dalla commissione di storici ebrei e cattolici costituitasi nel 1999 e scioltasi un anno dopo dichiarando, tra le proteste vaticane, la sua impossibilità di proseguire la ricerca in assenza di documenti essenziali, tra i quali veniva citata anche la lettera di Edith Stein.

Ora che disponiamo del testo integrale della lettera (lo riportiamo in apertura) possiamo comprendere la pluridecennale riluttanza alla sua pubblicazione. Edith Stein scrive a meno di tre mesi dalla nomina di Hitler a Cancelliere del Reich. Parla di fatti a sua conoscenza personale, usa il linguaggio della fede e, soprattutto, fa cadere responsabilità su «coloro che tacciono». Questa lettera fa piazza pulita di decenni di polemiche sui silenzi della chiesa cattolica. La lettera non è datata, ma la testimonianza dell’abate benedettino Raphael Walzer di Beuron (direttore spirituale di Edith Stein) la colloca al 20 aprile 1933, cioè nei giorni in cui Edith Stein veniva espulsa, in quanto ebrea, dall’Istituto di Pedagogia di Münster.

Sappiamo che questa lettera ebbe una risposta banalmente formale: la benedizione apostolica per Edith e la sua famiglia. Ci viene da dubitare che essa non sia stata neppure letta da Pio XI, impegnato nelle celebrazioni dell’Anno Santo, né tantomeno presa in considerazione dal futuro Pio XII, l’allora segretario di Stato Eugenio Pacelli, già immerso dal 7 aprile nelle trattative per il Concordato con Hitler. 

A questo punto l’apologetica ufficiale interviene ricordando, come sempre, l’enciclica Mit brennender Sorge, con cui Pio XI avrebbe fatto proprie le preoccupazioni e la condanna dell’antisemitismo hitleriano. Ogni volta che ho incontrato questa obiezione, ho dovuto constatare che il mio interlocutore non aveva mai letto quell’enciclica. La Mit brennender Sorge non ha infatti una sola parola contro la persecuzione antiebraica in Germania, non vi appaiono mai parole come «ebreo» o «antisemitismo», e l’unico riferimento al popolo ebraico è costituito dall’ennesima riproposizione della tragica millenaria sciocchezza sul «popolo deicida».

L’enciclica è del 1937. Quattro anni prima Edith Stein parlava di fatti in atto da settimane, e implorava che si alzasse subito la voce della Chiesa di Cristo. Una risposta a breve termine ci fu, ma non certo quella che lei attendeva. La tragicità degli avvenimenti di quei giorni, che stavano disegnando la storia del Ventesimo secolo, impone di ripercorrere giorno per giorno il calendario dei primi mesi del 1933.

La Chiesa di fronte a Hitler

30 gennaio: Hitler diventa Cancelliere del Reich.
27 febbraio: incendio del Reichstag.
12 marzo: si apre il primo campo di concentramento a Oranienburg.
23 marzo: la “Legge per il sollievo delle necessità del popolo e dello Stato” concede a Hitler i pieni poteri, con l’approvazione del partito del centro cattolico.
1 aprile: campagna di boicottaggio di negozi e aziende di ebrei.
7 aprile: nello stesso giorno vengono emessi l’Arierparagraph, il paragrafo ariano che definisce la condizione di ebreo in Germania, e la “Legge sul risanamento della funzione pubblica” che sancisce l’espulsione degli ebrei da incarichi statali.
10 aprile: a Roma il papa Pio XI riceve Franz von Papen (vicecancelliere del Reich) e del ministro Hermann Göring, aprendo così le trattative per il Concordato.
21 aprile: si apre il lager di Dachau. 
10 maggio: roghi dei libri.
14 luglio: il partito nazionalsocialista è dichiarato partito unico.

Il 20 luglio si ode finalmente la voce della Chiesa cattolica: viene firmato il Concordato con il Reich, con il quale, secondo Hitler «si offre alla Germania un’opportunità e si crea un’atmosfera di fiducia di particolare importanza nella decisiva lotta contro l’ebraismo internazionale». La Chiesa tedesca concorda, intona Te Deum, e nella cattedrale di Santa Edvige a Berlino si celebra una messa solenne, con il nunzio apostolico Orsenigo circondato da reparti di SA e SS.

Era esattamente quel che Edith Stein diceva di temere: la Chiesa pensava di avere comperato la pace con Hitler, andando anche oltre il silenzio, con il riconoscimento e l’approvazione. In realtà si trattava di una compravendita, visto che l’accordo garantiva alla Chiesa sussidi finanziari e privilegi in campo scolastico, in cambio della rinuncia a qualsiasi attività politica da parte dei cattolici. Il partito cattolico di centro, conscio della posizione vaticana, si era già sciolto il 5 luglio.

Una nipote di Edith Stein che oggi vive in California, Susanne Batzdorff (chi ha visto il film La settima stanza ricorderà la scena deliziosa in cui Edith spiega alla nipotina la fenomenologia al pianoforte), così racconta, nel suo libro intitolato affettuosamente Zia Edith, gli effetti del concordato: «Ricordo chiaramente che la notizia della firma del concordato tra Germania e Vaticano ebbe un impatto devastante sugli antinazisti tedeschi e in special modo sugli ebrei. A quel tempo il Vaticano avrebbe potuto, senza rischi, prendere posizione contro l’ideologia nazista... Invece, questo patto innalzò di fronte agli occhi del mondo il prestigio di questo disdicevole nuovo Cancelliere tedesco».

Senza dubbio, tra gli ebrei sconfortati ci fu anche Edith Stein, che per di più vedeva il tradimento della sua Chiesa. Come spiegare allora la sua decisione dell’ottobre 1933? La sua famiglia si stava disperdendo, alcuni fratelli raggiungevano la salvezza in America, altri restavano in Germania, destinati alla morte nel ghetto di Theresienstadt. Lei andò a Colonia come monaca carmelitana, incompresa dai fratelli e osteggiata dalla madre che la vedeva allontanarsi non solo da lei ma dal Dio Unico dell’ebraismo.

Edith Stein era nata il 12 ottobre 1891, quel giorno era Yom Kippur 5652, il giorno dell’espiazione. Sono convinto che, con la sua decisione di non lasciare la Germania, e di rimanervi come monaca, abbia voluto aggiungere al suo carico di espiazione anche le colpe di coloro che, nella sua Chiesa, ignoravano gli atti inumani di Hitler e correvano a stringerne la mano tesa.

Questa lettera accresce la statura morale della figura di Edith Stein. Intendo la sua figura reale, non la caricatura che ne ha fatto l’agiografia vaticana, che diffonde senza vergogna santini di Edith Stein che sbrigativamente la definiscono «convertita dall’ebraismo e morta martire per la conversione degli ebrei».

Questa lettera dovrebbe porre definitivamente una pietra sopra ogni velleità di beatificazione di Pio XII. Il motivo del silenzio della segreteria di stato vaticana di fronte al grido profetico di Edith Stein non fu né l’ignoranza dei fatti, né il timore di rappresaglie. La Chiesa cattolica non si oppose alle misure antisemite e all’affossamento della democrazia da parte del nazismo per una sola buona e semplice ragione: non aveva nessuna intenzione di opporsi.

Gianfranco Accattino
 


 
 
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