MEMORIA
Luigi Pintor

È morto il 17 maggio Luigi Pintor. Ha vissuto una lunga vita di lotte pubbliche e di dolori familiari, di coraggio e di onestà, e una breve malattia, che lo ha rapito al continuo lavoro politico. Anche chi non è stato “comunista” nel senso di appartenente al Pci, e non si è trovato coinvolto nelle relative vicende degli ultimi decenni, ha sentito di poter essere “comunista” con lui, nel senso – oggi demonizzato dal privatismo, eppure necessario più che mai – di chi riconosce maggiore importanza al bene comune e alle cose comuni – ormai addirittura l’aria e l’acqua – cui tutti devono poter accedere in parità, rispetto alle cose appropriabili, privatizzabili.

Il nostro mensile ha la stessa età del suo quotidiano. I suoi articoli erano brevi, di massima chiarezza, taglienti e incisivi, come un usato strumento del mestiere di chi lavora sulla realtà sociale, tutta da plasmare, coltivare e scolpire, con fatica continua. Ma i suoi pochi e brevi libri davano voce ad un Pintor più intimo, sofferto, memore, meditativo.

La sua parola che per prima mi torna alla memoria, molto rivelativa in un uomo preso dalla passione politica, è questa: «Non c’è in un’intera vita cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi» (Servabo, Bollati Boringhieri, p. 85). Nell’ultimo suo tempo, ha avuto bisogno anche lui di questa misericordia, che certo aveva dato ad altri, e forse – ci sia permesso immaginare – avrà visto una volta di più che questo è il segreto umano della politica: rendere sociale, regola comune, l’aiuto reciproco, col primato dei più deboli.

E.P.
 


 
 
[ Indice] [ Sommario] [ Archivio] [ Pagina principale ]