LETTERE
Meno timori, più fiducia

Caro direttore, ho letto con molto interesse, su il foglio 303 la lettera di Gianni Toffali su «la chiesa del post-Concilio» e la risposta di Aldo Bodrato.

Sono arrivato all’età di 87 anni, e quindi, pur non conoscendo personalmente i due autori sopra citati, ritengo di essere notevolmente più anziano di loro, e pertanto di conoscere meglio di essi la chiesa preconciliare. Non mi pare proprio che vi fosse una «lungimiranza profetica» (come ritiene Toffali). C’era piuttosto una certa “prudenza”, una certa “esperienza di governo”, un certo timore del cambiamento. Ciò poteva dare alcuni vantaggi sul piano tattico, ma produrre danni su quello strategico.

La chiesa di oggi presenta, secondo me, tre grandi vantaggi rispetto a quella preconciliare:
1) la lettura e la conoscenza della Bibbia sono oggi di gran lunga più diffuse di un tempo, anche se sarebbe augurabile un progresso ulteriore in questa direzione; 2) la riforma liturgica ha permesso una assai maggiore partecipazione dei fedeli alle cerimonie sacre. Un tempo la celebrazione della messa era qualcosa che riguardava essenzialmente il sacerdote; i fedeli dovevano solo “assistere” alla messa, o “ascoltarla”. Poichè la celebrazione avveniva in latino, i fedeli, nella migliore delle ipotesi, pregavano per conto proprio, nella peggiore si distraevano e pensavano ad altro (salvo al più raccogliersi al momento della consacrazione); 3) i rapporti con le altre chiese cristiane sono migliorati sensibilmente. Si è scoperto, e si va sviluppando, il cosiddetto “ecumenismo della carità”, cioè i cattolici hanno incontri con protestanti, ortodossi, e anche ebrei, ci si stima a vicenda, si prega insieme. Una volta non era così: tra i cattolici correvano giudizi molto aspri verso i protestanti e viceversa.

In generale poi, confrontando la vita della chiesa di oggi con quella di 50 anni fa, si nota che oggi c’è un clima molto più sereno: ci sono meno timori, c’è più fiducia. Si confrontino, ad esempio, le cerimonie funebri di oggi con quelle di ieri. Ieri l’accento era posto sul timore del giudizio, oggi sulla fiducia nella misericordia di Dio.

L’allontanamento di molti dalla religione non è conseguenza del Concilio, bensì dei cambiamenti sociologici; lo si nota in ugual misura nei paesi cattolici, in quelli protestanti e ortodossi, e anche in nazioni non cristiane: basta vedere, nella statistiche, la percentuale di coloro che vengono classificati «non religiosi/atei».

A Toffali vorrei poi far notare che un conto è il dialogo con le altre chiese cristiane o con l’ebraismo, un altro è quello con quelle che egli chiama «religioni della nuova era», cioè New Age e simili. Queste ultime sono qualcosa di molto evanescente, forse non hanno nessun riferimento a una trascendenza; era necessario mettere i fedeli in guardia da esse.

A Bodrato osserverei invece che il suo giudizio sul documento papale sull’Eucarestia mi pare troppo severo. Si potrà discutere su alcune disposizioni di carattere disciplinare in esso contenute, ma non si può negare che c’è il pericolo di una certa banalizzazione nei riguardi dell’accostamento alla Comunione. Occorre tener presente l’ammonimento di S. Paolo: «Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice, perchè chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1 Cor 11,27).

Guido Zappa



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