Soldati di pace |
La richiesta della chiesa cattolica di inserire un riferimento alla religione cristiana nella costituzione europea e la sentenza di un magistrato avversa all’esposizione del crocifisso nei luoghi pubblici, hanno riproposto il dibattito su quale debba essere il rapporto tra cultura, società civile e religione cristiana. La maggioranza dei cattolici e la quasi totalità della gerarchia (e anche molti laici come il presidente della repubblica Ciampi) pensano che la nostra cultura abbia le sue radici nel cristianesimo, che la civiltà italiana non possa essere compresa né esprimersi fino in fondo se non si fa riferimento al cristianesimo; insomma la religione cristiana identifica il nostro popolo. Alcuni contestano queste affermazioni dicendo che tra i fondamenti della cultura italiana ed europea ci sono anche altri princìpi e altre religioni e temono che questa riscoperta della nostra identità cristiana sia in funzione anti-islamica. Altri, e con sfumature diverse anche la nostra redazione, pensano che compenetrare la religione cristiana con una civiltà e una cultura particolare sia molto pericoloso perché può trasformare il messaggio e la fede di Gesù in una religione civile; o addirittura sia idolatrico perché confonde lo Spirito di Dio con dei princìpi, un modo di pensare e di essere particolari. La civiltà cristiana I tragici e tristi fatti iracheni e le reazioni che hanno suscitato in Italia mi sembrano rivelare a che punto è giunta la confusione. I soldati italiani uccisi in un attentato a Nassiriya sono stati definiti, nei media e durante le cerimonie funebri, eroi di pace. Ora, parlando con la saggezza del mondo si può, superando la contraddizione insita in «eroi di pace» armati e pronti ad uccidere, essere d’accordo. I nostri soldati controllano una zona a maggioranza ostile al regime di Saddam, svolgono prevalentemente un servizio di ordine pubblico (per questo del contingente fa parte un consistente gruppo di carabinieri, un corpo particolarmente addestrato per questo scopo) in modo da permettere la riorganizzazione dei principali servizi pubblici e la ripresa della vita civile. Evidentemente devono essere ben armati per difendersi e reprimere ogni violazione; senza armi e senza determinazione ad usarle non potrebbero raggiungere lo scopo per cui sono lì, come è stato purtroppo tragicamente dimostrato dall’attentato. Si può quindi affermare, seguendo appunto la logica di questo mondo, che i soldati italiani hanno dato la vita per portare la pace a un popolo sfortunato (anche se molti, e noi tra questi, dubitano che il governo italiano, così come gli altri della coalizione, abbiano mandato i loro soldati a morire e uccidere per portare pace e democrazia agli iracheni). La fede di Gesù Ma è questo ciò che Gesù chiamava pace? Secondo Matteo Gesù dice: «beati i pacificatori perché saranno chiamati figli di Dio». La felicità, per coloro che portano la pace, non dipende da quello che fanno ma dall’essere chiamati da Dio figli. Secondo Gesù è l’incontro e il rapporto d’amore (comunione) con lo Spirito di Dio, lo stesso di cui lui viveva, che dona agli esseri umani felicità e pace, perché con Lui trovano finalmente riposo al dolore e alla fatica del vivere, superano la miseria e la vergogna della condizione umana, possono liberarsi da ogni risentimento e rancore, da ogni istinto di violenza e prevaricazione, da ogni idea di superiorità e di falsa grandezza e perfino da ogni ragionevole preoccupazione per una vita e per una società ordinata e prospera. È perché donava questa pace che Gesù poteva poi chiedere ai suoi discepoli comportamenti che per una persona ragionevole e sensata erano assurdi come: non resistere ai malvagi, porgere l’altra guancia a chi li percuoteva, pregare per chi li perseguitava, dare la vita per la salvezza di chi li uccideva. Ma da troppo tempo ormai il cristianesimo si è trasformato in una religione civile e non è più in grado di testimoniare la pace di Gesù con la limpidezza necessaria, perché la mescola e la confonde con quella che dà il mondo. La beatitudine della pace risulta perciò inintelligibile e si insinua nelle nostre menti il sospetto che si tratti di un ideale molto bello ma impraticabile (almeno in questo mondo). In particolare la gerarchia cattolica, impegnata a organizzare e guidare la società secondo principi religiosi cristiani, è costretta a fare larghe concessioni allo spirito del mondo e alla sua saggezza. Ecco perché ieri lottava per mantenere il potere temporale (strappatole con la forza e mai ceduto liberamente) e oggi chiede la protezione della legge dello stato per imporre quello che ritiene essere morale, tiene tanto al controllo della scuola come se si potesse diventare e restare cristiani a forza di educazione e vuole strenuamente mantenere simboli religiosi nella società, trascurando il fatto che quello che guadagna con l’apparire e col presenziare in visibilità e con l’egemonia sulla società, lo perde decuplicato nel profondo delle coscienze che è costretta a violare. La confusione tra civiltà e vita di fede, tra società e libera comunità d’amore, è massima. Così, tragicamente il “sale” della buona notizia di pace di Gesù ha perso gran parte del suo sapore e non è più in grado di darlo alla nostra vita. Angelo Papuzza |