I 150 ANNI DEL TEMPIO VALDESE
Anche i cattolici furono riscattati


Il tempio valdese di Torino, costruito in Viale del Re (attuale corso Vittorio Emanuele II), fu inaugurato il 15 dicembre 1853. La comunità valdese ne ha ricordato il 150° anniversario con giusto rilievo: un convegno, mostre, seminari, concerti, incontri di culto. È stata offerta, anche a chi valdese non era, un’occasione di festa e di cultura, ossia il dono di conoscere meglio e di rallegrarsi.

Le Lettere patenti di Carlo Alberto che nel 1848 emanciparono i valdesi e gli ebrei, resero possibile anche la costruzione del tempio, ma soprattutto alleggerirono i cattolici di un pesante fardello che portavano da secoli: quello della grave responsabilità di una ghettizzazione vergognosa. Anch’essi furono riscattati. Senza dubbio passando per piazza Castello i cattolici non si sentiranno personalmente in colpa ricordando Bartolomeo Hector e Giaffredo Varaglia, che vi furono strangolati e bruciati nel XVI secolo. Ma un po’ a disagio sì, pensando a quanto tempo ci volle perché la chiesa romana capisse che la forca e il rogo non sono strumenti evangelici per difendere e diffondere la verità e la fede. Che vanno cercate e proposte con umiltà e pazienza.

Un diverso destino è toccato alla nostra epoca, almeno per quanto riguarda i rapporti tra le chiese cristiane. Molta strada rimane da fare per giungere a rispettare sinceramente e perfino ad amare le differenze, a comprendere cioè che non l’unisono è l’ideale, ma l’armonia. Non ci è chiesto l’unanimismo a ogni costo e su tutto, ma la concordia nell’essenziale fedeltà al Signore, che è amico della libertà nella pace.

Chiese e polemiche di fine Ottocento

Non sono poche le chiese costruite a Torino nella seconda metà dell’Ottocento: Nostra Signora delle Grazie alla Crocetta, Maria Ausiliatrice e San Giovanni Evangelista, a due passi dal Tempio. Inoltre il Sacro Cuore di Gesù, i Santi Angeli Custodi, San Secondo, San Bernardino e tante altre, in una città che si ingrandiva. Tutte chiese alle quali i torinesi sono affezionati. Possiamo aggiungere la sinagoga, inaugurata nello stesso quartiere di San Salvario nel 1884. Si tratta di realtà che fanno parte della vita di tutti i credenti, e insieme della storia di Torino e dello stato italiano. Il sorgere di queste chiese accompagnava infatti lo sviluppo di Torino, che si dava una struttura urbanistica e industriale moderna, e si contrapponeva a uno stato unitario ancora visto come oltraggioso. San Giovanni Evangelista e San Secondo hanno due cose in comune: il 1882 come anno di nascita e la presenza di statue di Pio IX.

La storia della chiesa di San Giovanni è interessante. Don Bosco, non essendo riuscito, pur essendosi adoperato con tutti i mezzi legali o quasi, a impedire la costruzione del tempio valdese, volle far costruire proprio lì vicino una chiesa con una curiosa caratteristica tuttora visibile: ha una guglia di altezza spropositata rispetto al corpo, ma la guglia doveva essere più alta dell’estremità superiore del tempio valdese. Messaggio efficace – e va bene, anche ora che avete il tempio sia chiaro che comunque qui comandiamo noi – fino ad oggi: «la Repubblica» ha pubblicato un riquadro per parlare dei 150 anni del tempio, e lo ha illustrato con una bella foto... della chiesa di San Giovanni!

Una curiosità: come mai la via tra il tempio valdese e la sinagoga si chiama via san Pio V? Nella mappa Rabbini del 1840 tutta la zona a sud del «Corso del Re» (attuale corso Vittorio) è ancora campagna. La via Pio V appare in una mappa di Torino del 1866, cioè 13 anni dopo il tempio valdese e 18 anni prima della sinagoga. Bisognerebbe esplorare l’archivio storico del comune e vedere quando e perché la commissione toponomastica decise questa intitolazione. Anche prima del 1853, infatti, la zona di San Salvario era “valdese”: vi sorgevano le sedi diplomatiche dei paesi protestanti, e il tempio stesso ha origini internazionali (fu voluto da Beckwith, inglese e promotore della scolarizzazione nelle valli valdesi, e sepolto a Torre Pellice). Quindi non può essere casuale che si dedicasse in una zona “valdese” di Torino una via al massacratore dei valdesi di Calabria.

Fioravante Moscariello e Gianfranco Accattino


 
 
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