I 150 ANNI DEL TEMPIO VALDESE |
Anche i cattolici furono riscattati |
Le Lettere patenti di Carlo Alberto che nel 1848 emanciparono i valdesi e gli ebrei, resero possibile anche la costruzione del tempio, ma soprattutto alleggerirono i cattolici di un pesante fardello che portavano da secoli: quello della grave responsabilità di una ghettizzazione vergognosa. Anch’essi furono riscattati. Senza dubbio passando per piazza Castello i cattolici non si sentiranno personalmente in colpa ricordando Bartolomeo Hector e Giaffredo Varaglia, che vi furono strangolati e bruciati nel XVI secolo. Ma un po’ a disagio sì, pensando a quanto tempo ci volle perché la chiesa romana capisse che la forca e il rogo non sono strumenti evangelici per difendere e diffondere la verità e la fede. Che vanno cercate e proposte con umiltà e pazienza. Un diverso destino è toccato alla nostra epoca, almeno per quanto riguarda i rapporti tra le chiese cristiane. Molta strada rimane da fare per giungere a rispettare sinceramente e perfino ad amare le differenze, a comprendere cioè che non l’unisono è l’ideale, ma l’armonia. Non ci è chiesto l’unanimismo a ogni costo e su tutto, ma la concordia nell’essenziale fedeltà al Signore, che è amico della libertà nella pace. Chiese e polemiche di fine Ottocento Non sono poche le chiese costruite a Torino nella seconda metà dell’Ottocento: Nostra Signora delle Grazie alla Crocetta, Maria Ausiliatrice e San Giovanni Evangelista, a due passi dal Tempio. Inoltre il Sacro Cuore di Gesù, i Santi Angeli Custodi, San Secondo, San Bernardino e tante altre, in una città che si ingrandiva. Tutte chiese alle quali i torinesi sono affezionati. Possiamo aggiungere la sinagoga, inaugurata nello stesso quartiere di San Salvario nel 1884. Si tratta di realtà che fanno parte della vita di tutti i credenti, e insieme della storia di Torino e dello stato italiano. Il sorgere di queste chiese accompagnava infatti lo sviluppo di Torino, che si dava una struttura urbanistica e industriale moderna, e si contrapponeva a uno stato unitario ancora visto come oltraggioso. San Giovanni Evangelista e San Secondo hanno due cose in comune: il 1882 come anno di nascita e la presenza di statue di Pio IX. La storia della chiesa di San Giovanni è interessante. Don Bosco, non essendo riuscito, pur essendosi adoperato con tutti i mezzi legali o quasi, a impedire la costruzione del tempio valdese, volle far costruire proprio lì vicino una chiesa con una curiosa caratteristica tuttora visibile: ha una guglia di altezza spropositata rispetto al corpo, ma la guglia doveva essere più alta dell’estremità superiore del tempio valdese. Messaggio efficace – e va bene, anche ora che avete il tempio sia chiaro che comunque qui comandiamo noi – fino ad oggi: «la Repubblica» ha pubblicato un riquadro per parlare dei 150 anni del tempio, e lo ha illustrato con una bella foto... della chiesa di San Giovanni! Una curiosità: come mai la via tra il tempio valdese e la sinagoga si chiama via san Pio V? Nella mappa Rabbini del 1840 tutta la zona a sud del «Corso del Re» (attuale corso Vittorio) è ancora campagna. La via Pio V appare in una mappa di Torino del 1866, cioè 13 anni dopo il tempio valdese e 18 anni prima della sinagoga. Bisognerebbe esplorare l’archivio storico del comune e vedere quando e perché la commissione toponomastica decise questa intitolazione. Anche prima del 1853, infatti, la zona di San Salvario era “valdese”: vi sorgevano le sedi diplomatiche dei paesi protestanti, e il tempio stesso ha origini internazionali (fu voluto da Beckwith, inglese e promotore della scolarizzazione nelle valli valdesi, e sepolto a Torre Pellice). Quindi non può essere casuale che si dedicasse in una zona “valdese” di Torino una via al massacratore dei valdesi di Calabria. Fioravante Moscariello e Gianfranco Accattino |