A Martino In morte di Martino


Consolatemi, consolatemi o mio popolo
(midrash di Is 40,1)


Martino, gatto mio
tu credi ch’io sia Dio,
mi contempli adorante
come fanno le sante
e gli estatici fratis
colpiti o pitturati.
E non sai che i tuoi occhi
insegnano anche a me
senza piegar ginocchi
come pregare il Re,
un re come te zoppo
di un regno ove il dolore
anche per lui è troppo.
Per consolarlo, salga
la nostra tenerezza
affidata al tuo sguardo
e a una tua carezza.

da P. De Benedetti, Gattilene, S. Paolo, 2003




Martino, gatto mio
ora tu sai chi è Dio
che ti ha rapito a me
senza dirmi perché.
Forse aveva bisogno
del tuo sguardo di sogno,
forse era un po’ stanco
dell’infinito canto
degli angelici cori
ignari di dolori,
forse chiedeva aiuto
al tuo amore muto,
e voleva soffrire
con chi sta per morire.
Martino, gatto mio
ora tu sai chi è Dio
in grembo a lui, lassù.


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