ALLA RICERCA DEI VANGELI/1

Il Giovanni Battista “storico”


Il seguente studio sul rapporto tra Gesù e Giovanni Battista, esaminato con criteri puramente storici, è tratto in gran parte (salvo diversa indicazione) dal secondo volume di Meier Un ebreo marginale (Queriniana 2002), edito con approvazione ecclesiastica (i numeri tra parentesi indicano la pagina della citazione).

I criteri principali di attendibilità storica proposti dall’autore sono: 1) il criterio di imbarazzo che individua con precisione quei testi che difficilmente possono essere stati inventati dalla chiesa primitiva, dato che potevano creare situazioni imbarazzanti o difficoltà teologiche per la chiesa già all’epoca del N.T; 2) il criterio di discontinuità che riguarda parole o fatti di Gesù che non possono provenire né dal giudaismo (o giudaismi) dell’epoca di Gesù, né dalla chiesa primitiva (13). Tali criteri sono simili a quelli che possiamo applicare in una qualunque altra ricerca che si riferisca alla storia antica.

Un’ultima considerazione introduttiva. Dalla ricerca sul Gesù storico può derivare un turbamento della fede («Ma il vangelo non è più “Vangelo”?»). Ma può anche emergere un Gesù più accessibile ai nostri occhi ed alle nostre mani, più incarnato, più libero dalle insidiose suggestioni del mito e dell’immaginario collettivo, nonché dalle speculazioni della teologia.

Un battesimo censurato

I vangeli sinottici ci descrivono Giovanni Battista come un asceta che annunciava con toni minacciosi l’imminente giudizio di Dio e battezzava le folle sul Giordano. Marco 1,4 ci dice che Giovanni predicava un battesimo di conversione per la remissione dei peccati. Vi sono seri motivi per pensare che questa espressione sia derivata dallo stesso Battista ed entrata nel cristianesimo primitivo attraverso i discepoli di Giovanni diventati discepoli di Gesù. Matteo trovò sconveniente l’espressione «per la remissione dei peccati» e la trasferì al sangue di Cristo nell’ultima cena. Sembra infatti improbabile che i cristiani si siano potuti prendere la briga di inventare una frase che definiva il battesimo ricevuto da Gesù, il Figlio di Dio, come un battesimo di conversione per il perdono dei peccati (108-109). Tutti e quattro i vangeli dovettero sforzarsi di «rendere innocuo Giovanni» per il cristianesimo. Lo stesso Marco presenta, proprio nei primi versetti, un vistoso paradosso: l’A.T. aveva profetizzato il Battista come colui che avrebbe preparato la strada per Gesù; tuttavia Giovanni non comprese mai profondamente il mistero dell’identità di Gesù, nemmeno quando lo battezzò (36). L’espressione «Colui che è più forte di me» (Mc 1,7) non comporta in sé un riferimento cristologico. Non è chiaro se colui che è più forte sia Dio, Michele, Melchisedek, “uno simile a figlio d’uomo”, Elia, Mosè, un profeta simile a costoro, un messia regale, un messia sacerdotale o un profeta escatologico. Non è chiaro nemmeno per noi, forse perché non lo era a Giovanni (80). Il più antico tentativo di superare l’imbarazzo è già presente nella tradizione premarciana: eclissare il reale evento del battesimo – che di fatto viene velocemente trascurato ed appena “narrato” – con la teofania che segue (Mc 1,10-11). L’originario nucleo della teofania era un controbilanciare un battesimo di conversione per la remissione dei peccati con una proclamazione celeste di Gesù come Figlio di Dio; la teofania attenua la difficoltà teologica (127).

Per gli evangelisti successivi il battesimo era talmente imbarazzante che si sentirono costretti ad integrare la teofania con altri «dispositivi di sicurezza » (127). In Mt 3,13-17 il Battista si rifiuta di battezzare Gesù, anzi è Gesù che dovrebbe battezzare lui. Ciò nonostante, Gesù si fa battezzare «affinché si compia ogni giustizia». Il vangelo degli Ebioniti (fr. 3) amplia questo motivo apologetico: il Battista ode la voce celeste, si inginocchia davanti a Gesù e gli chiede di essere battezzato. Per Lc 3,21 ss. si parla di un battesimo senza battezzatore. Secondo Lc 3,20 infatti il Battista era già stato imprigionato. Nel vangelo dei Nazarei (fr. 2) Gesù smentisce di aver cercato il battesimo per il perdono dei suoi peccati. Nel quarto vangelo, Giovanni il Battista non è il Battista: non si usa mai questo titolo per lui. Gesù va da Giovanni gravato da peccati ma i peccati che egli porta non sono i suoi. Egli invece è l’agnello di Dio che porta ed elimina il peccato del mondo. Non si parla del battesimo di Gesù. L’attività di Giovanni consiste solo nell’identificare Gesù come Figlio di Dio, battezzatore nello spirito. (Theissen-Merz, Il Gesù storico, Queriniana 1999, p. 261).

Infine quel che sorprende in tutte le affermazioni del N.T. relative al battesimo cristiano è che nessun autore neotestamentario lo collega mai direttamente al battesimo di Gesù. Normalmente il battesimo cristiano risulta connesso alla morte e resurrezione di Cristo (Rm 6,3-11). Solo a partire da Ignazio di Antiochia, il battesimo di Gesù per mano di Giovanni comincia ad essere visto come il modello del battesimo cristiano. Appare come un’idea piuttosto distorta quella secondo cui il battesimo cristiano abbia creato il racconto del battesimo di Gesù come suo prototipo, che questo legame in seguito sia scomparso totalmente in tutti i testi canonici per poi riapparire in Ignazio e diffondersi nel corso del periodo patristico (135).

Gesù era discepolo di Giovanni?

Gesù fu un discepolo di Giovanni? Il semplice fatto che Gesù lasciasse Nazareth, si recasse nella regione del Giordano per ascoltare Giovanni sino al punto di ricevere il suo battesimo significa che, nel senso ampio del termine, Gesù diventò un discepolo di Giovanni. Ma ciò che è controverso è se Gesù fu “discepolo” nel senso più stretto. Siamo debitori di questa fondata ipotesi, per ironia, proprio al quarto vangelo che solitamente viene accantonato come inaffidabile per la ricostruzione del Gesù storico. Il discepolato di Gesù si inferisce dalla sua comparsa nel raggio d’azione del Battista, dal fatto che i primi seguaci di Gesù sono tratti dalla cerchia dei discepoli del Battista e dal fatto che Gesù pare imitare la pratica di battezzare discepoli alla maniera di Giovanni, imitazione che suscita una certa rivalità (Gv 1; 3) (158). Gesù di Nazareth fa il suo debutto nella narrazione di Gv 1 non a Betlemme né a Nazareth né in Gerusalemme, ma nei dintorni di Betania oltre il Giordano dove Giovanni sta battezzando. Dato che Gesù non può essere affatto uno degli avversari del Battista e non si presenta per essere battezzato, il senso naturale del racconto suggerisce che egli è fra i discepoli del Battista. Nell’episodio che segue, alcuni discepoli di Giovanni danno la loro adesione a Gesù. È difficile pensare che il quarto evangelista abbia creato un racconto in cui alcuni discepoli di Gesù avevano scelto il Battista come loro maestro e poi gravitarono intorno a Gesù senza averlo incontrato nella cerchia del Battista. Un’altra serie di affermazioni si trova in Gv 3,22-30: «Gesù andò coi suoi discepoli nella regione della Giudea a là si trattenne con loro e battezzava». I discepoli di Giovanni si recano dal loro rabbi e si lamentano di Gesù. È come se Giovanni avesse dato a Gesù il suo grande avvio ma, in un atto di deplorevole ingratitudine questo “nessuno” si fosse impadronito della trovata di Giovanni praticando il suo proprio battesimo, «e tutti accorrono a lui» (Gv 3,26). Giovanni replica ai suoi discepoli riecheggiando il pensiero apologetico e cristologico del quarto evangelista, secondo le esigenze della chiesa primitiva. La narrazione riprende in Gv 4, 1: «I farisei avevano sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni». Solo dopo aver esaminato il flusso narrativo da Gv 3,22 a 4,1, possiamo pienamente apprezzare la natura contraddittoria dell’affermazione che segue immediatamente in 4,2: «sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli». Questo verso contraddice l’intero quadro di contrasto e conflitto, di gelosia e umiltà che l’evangelista aveva così accuratamente dipinto presentando Giovanni e Gesù nella loro attività battezzatrice, contrasto ripetuto per i lettori disattenti in 4,1. Qui più che altrove, nel quarto vangelo, è intervenuta la mano sempre vigile del redattore finale che trovò sconveniente l’idea di un Gesù che battezzava e che iniziava il proprio ministero con un battesimo così simile a quello di Giovanni al punto da suscitare gelosia e paragoni invidiosi: questo significava relegare sin troppo Gesù all’ombra del Battista e presentarlo all’inizio come discepolo, imitatore ed (ingrato) rivale (162-66).

Anche nella controversia sull’autorità di Gesù (Mc 11,27-33), Gesù sostenne che il messaggio e il battesimo di Giovanni erano divinamente ispirati. La richiesta che le autorità di Gerusalemme riconoscano l’origine divina del battesimo di Giovanni è particolarmente pertinente al discorso di Gesù sulla propria autorità se questo riconoscimento comporta anche una tacita approvazione del fatto che Gesù continuava la prassi battezzatrice di Giovanni. Ammettere che il battesimo di Giovanni veniva dal Cielo, rendeva difficile valutare come qualcosa di completamente diverso il battesimo conferito da Gesù, antico discepolo di Giovanni (177). In conclusione è probabile che Gesù abbia fatto parte per un certo periodo del circolo dei discepoli di Giovanni.

Dario Oitana

(continua nel prossimo numero)

 
 
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