LA BEATA EMMERICH E IL FILM DI GIBSON
Il trionfo della reazione medioevale

Nonostante alcune vaghe critiche, il film di Mel Gibson, The Passion of the Christ, che ha trascinato con sé il rilancio della visionaria tedesca Anna Katharina Emmerich sul mercato della cultura religiosa, è stato un trionfo del cattolicesimo reazionario e di un cattolico intellettualmente denutrito ma molto astuto nel gestire le mutazioni culturali generali. I gruppi cattolici di maggior potere nell’attuale regime wojtyliano si sono infatti impegnati in una capillare opera di propaganda. La maggioranza degli altri cattolici invece, semplici fedeli senza titolo, non seppero che pesci pigliare, temendo soprattutto di perdere la stima dei loro confratelli, così sensibili alle raffinatezze artistiche nonché tecniche del più grande regista cattolico sulla breccia della redenzione del mondo, e soprattutto così aperti alle esperienze mistiche delle visioni e delle apparizioni, che schiudono le porte dei cieli e permettono di dialogare direttamente con Gesù Cristo, il quale confida quasi sempre notizie senza fine sulla sua passeggiata di breve corso su questa terra. Gli altri cattolici infatti pensarono bene di osservare che in fondo, a parte qualche scena un po’ esagerata, il film costituiva un grande messaggio religioso. Altri più critici asserirono che bisognava ritornare ai racconti dei Vangeli ma non dissero mai a quali e in virtù di quale principio ermeneutico; soprattutto si guardarono bene dal dire che il vero problema era il «Gesù storico» con gli annessi problemi metodologici per accedervi.

L’offesa va lavata nel sangue

Tutti poi si sono sentiti affascinati dall’aramaico del film; per la prima volta nella storia del cinema si è avuta la possibilità di fare un balzo all’indietro proprio nella terra di Gesù e sentire con le proprie orecchie quella musica, si è detto, quel fascino della lingua divina che accarezza il cuore. In realtà l’aramaico popolare corretto del film traduce solo le manipolazioni e i falsi di Mel Gibson e della sua fonte spirituale.

Anna Katharina Emmerich, recentemente osannata dal supremo magistero della Chiesa e della quale erano già state diffuse in Italia le due principali opere (Vita della beata Vergine Maria, descritta da Clemente Brentano, Napoli 1855; La dolorosa passione di N. S. Gesù Cristo, Torino 1937) è un concentrato delle aberrazioni più indegne dell’agostinismo con la dannazione di tutti neonati e di tutti gli uomini all’inferno in caso di morte senza il battesimo cattolico, e un ricupero dell’ideologia medioevale di Anselmo di Aosta nella razionalizzazione della necessità di un massacro totale di Gesù Cristo per dare soddisfazione ad un Dio permaloso e taccagno, che vede solo il suo onore offeso e poi dice di essere misericordioso, perché la fa pagare in modo spietato ad un Figlio divino, venuto a riparare l’onore offeso di suo Padre, mentre tutti i neonati continuano, anche dopo, ad essere concepiti come maledetti e come proprietà di Satana sino all’eventuale battesimo. Quasi tutta la scenografia del film di Mel Gibson prende a pretesto accenni dei racconti evangelici, raffazzonati di qua e di là in un concordismo infantile, per introdurre continue manipolazioni narrative di scene, di personaggi e di dialoghi, creati dalla fantasia alienata della Emmerich, che in centinaia e centinaia di pagine di visioni allucinatorie ha sciorinato idiozie storiche, stupidità edilizie su Gerusalemme, falsità continue nella manipolazione delle testimonianze antiche e invenzioni vergognose, da religiosità tipicamente paranoica e arrogante, su tutti i personaggi evangelici, a cominciare dalla Madonna, dalla moglie di Pilato e da tutti gli altri santi o meno santi della fiera devozionale cattolica medioevale.

I teoremi di Gibson

A tali manipolazioni Mel Gibson ha aggiunto l’ossatura ideologica del suo film, che emerge con chiarezza lungo tutto il susseguirsi delle sue scene. Tale ossatura è riconducibile ad alcuni teoremi assiomatici, così sintetizzabili:

1) Nei libri biblici e soprattutto nel Libro di Isaia non possono esistere presupposti diacronici di sedimentazione letteraria e di stratificazione storica; l’intero testo ispirato e canonico del profeta è autentico e risale al profeta originario del sec. VIII a.C., che intendeva esplicitamente parlare di Gesù il Messia e della sua morte di espiazione.

2) La passione e la risurrezione di Cristo, in quanto Messia, sono il contenuto esplicito di tutte le profezie della Bibbia ebraica.

3) Ogni singolo evento della passione di Gesù è un fatto demonistico.

4) Non può esistere perdono dei peccati senza spargimento di sangue, tipico teorema del tutto contrario alla prassi dell’annuncio del perdono dei peccati da parte del Gesù storico.

5) Le redazioni evangeliche non sono “riletture” di precedenti tradizioni presinottiche e non contengono nessuna «invenzione narrativa», sicché la verità storica dei Vangeli consiste nella fusione sincronica e nella conflazione concordista di tutti i racconti evangelici, comprese tutte le amplificazioni e le manipolazioni redazionali dei singoli evangelisti.

6) Le esperienze visionarie di presunti mistici e mistiche, nonché di carismatici cattolici, hanno lo stesso valore storico delle narrazioni evangeliche, essendo di origine soprannaturale.

7) Chiunque tradisce Gesù è sempre colpito da maledizioni divine già nella sua vita terrena e tali maledizioni si concretizzano in terribili punizioni fisiche. La maledizione divina giustifica anche  la pena di morte per i violatori della legge morale.

La funzione catalizzatrice di tale film ha messo in luce situazioni culturali desolanti del mondo cattolico contemporaneo sotto il rullo compressore della reazione medioevalista e integrista, che gestisce ormai i centri ecclesiastici di potere e di controllo, comprese le Edizioni San Paolo, che hanno pubblicato frettolosamente e in modo ignobile presunte sintesi delle due opere della Emmerich, ma con il risultato di manipolare e falsificare radicalmente il testo originario per puri motivi di convenienza economica. Ed in tale contemporaneo mondo cattolico vige il sistematico ricorso ai modelli culturalmente deteriori e più revanscisti nel riproporre una teologia e una spiritualità medioevale, sostenuta con la propaganda clericale e acritica dei modelli teologici più equivoci e più infausti, come la teologia obbrobriosa del peccato originale di Agostino di Ippona e l’ideologia soteriologica devastante di Anselmo di Canterbury, in ogni caso ambedue antievangeliche.

La paura del Gesù storico

Ma vi è un punto centrale, una specie di terrore subconscio del cattolicesimo, specialmente quello ecclesiastico: la paura del «Gesù storico». Parlare del «Gesù storico» significa infatti porre il problema del rapporto tra tradizioni presinottiche arcaiche e rielaborazioni redazionali successive, vale a dire dover riconoscere che già nella letteratura neotestamentaria si sono verificati strati evolutivi di manipolazione ideologica di episodi e di parole di Gesù. E tale problema non può essere risolto con le allucinazioni paranoiche delle mistiche cattoliche e papiste, bensì solo con un metodo linguistico e storico-critico, al quale non si possono imporre a priori i risultati apologetici o propagandistici, a cui dover pervenire per motivi di fede. Ciò che terrorizza l’esegesi confessionale e codina, nonché le letture spirituali dell’Antico e del Nuovo Testamento, è il dover ammettere che la «fede confessante» non può godere di immunità culturale e non è legittimata a inventarsi tutto quello che le aggrada per ideologia o per regime teologico, solo perché tutto ciò è di sostegno alla fede stessa; ad es. la manipolazione dei testi della Bibbia in funzione della messianicità di Gesù Cristo o degli splendori della Chiesa papale cattolica, alla quale Dio già avrebbe pensato mentre lavorava alla costola di Adamo in fase di ricostruzione antropologica di un reperto biologico in anestesia totale.

L’occasione del film di Mel Gibson ha rimesso in luce come nel cattolicesimo ecclesiastico spesso ci si converte solo con dei «falsi storici», purché facciano piangere o commuovano. E l’elenco di tale condizione spirituale, incredibilmente cinica nel valutare gli eventi religiosi quasi solo dalla convenienza e dai vantaggi di proselitismo ecclesiastico, potrebbe continuare con le presunte e ostentate reliquie di prestigio o con le ininterrotte apparizioni dei parenti più stretti del Salvatore.

Il Vangelo di Marco era invece riuscito a dire agli uomini che Gesù aveva portato loro la salvezza, semplicemente accettando come volontà di Dio la soluzione finale di sconfitta come espressione del regno stesso. A partire dal Getsemani, non si nomina mai il sangue, non si fa mai alcun cenno ai demoni e non si descrive con sadismo nessuna tortura inflitta a Gesù al di fuori del sobrio racconto di una crocifissione per dileggio su un giusto, condannato a morte benché innocente ma glorificato da Dio come fonte di salvezza per chi crede. Neppure Mc 10,45 può giustificare il sadismo di una suora paranoica e l’arroganza reazionaria di un regista demagogo. La salvezza per Marco era appunto riconoscere che la vita di Gesù era stata quella di un giusto, che Dio aveva ratificato anche nel momento della morte; quel giusto risorto avrebbe donato ai credenti un battesimo in Spirito santo oltre al perdono dei peccati (Mc 1,8); non c’era bisogno di nessuna ideologia espiatoria e di nessun teorema sacrificale per credere in tutto ciò!

Pier Angelo Gramaglia

Quanto è sintetizzato in questo articolo è solo un breve saggio dei problemi analizzati e documentati, compresa la ricostruzione e il commento sulla lingua aramaica del film, nel libro di Pier Angelo Gramaglia, La Passione di Cristo in Anna Katharina Emmerich e in Mel Gibson, Torino 2004, pp. 326, lettura quanto mai salutare per i devoti e per i meno devoti.


 
 
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