MERCENARI |
La vita né si vende né si rapisce |
Dopo l’assalto al giudice di Bari, è chiaro che non è militarmente e, oggi, politicamente corretto dire che i mercenari sono mercenari. Cercasi eufemismo. Vediamo cosa significa quella parola. Zingarelli 1986: «1 – Chi presta la propria opera per denaro. 2 – (spregiativo) Chi agisce solo per denaro o, nelle proprie opere, si dimostra prevalentemente o esclusivamente ispirato da motivi d’interesse economico: p. es. giornalista, scrittore mercenario. 3 – Chi, per denaro, esercita il mestiere delle armi; tra gli esempi citati: i mercenari delle compagnie di ventura; i mercenari della Legione Straniera». Il primo e il terzo significato sono oggettivi, non spregiativi. Il senso corrente è il secondo, che qualifica come negativo – ed è per questo che il termine viene respinto da chi se lo sente attribuire e dai suoi sostenitori – il comportamento umano di chi scambia con denaro una propria attività di valore non commerciabile, come l’attività intellettuale, o il rischiare la propria vita minacciando quella altrui in un reale o possibile combattimento armato. In quest’ultimo caso, il calcolo (o l’illusione) è sempre che il rischio altrui sia maggiore del proprio, perciò il guadagno economico sia probabile. È invece piuttosto impossibile che, in una lotta nonviolenta, dove si rischia per un ideale solo la propria vita, qualcuno si impegni per denaro. Queste attività – il pensiero e la lotta – per la loro massima importanza, hanno un significato positivo, rispettivamente, solo nel cercare e dire la verità senza posporla all’interesse economico, e nel rischiare la vita propria e altrui per un ideale che meriti e giustifichi tanto grande rischio. La sproporzione totale tra, da un lato, la parola umana e la vita umana, e, dall’altro lato, il denaro, dimostrano la immoralità grave e la spregevolezza di quelle attività se condotte per motivo mercenario (parola che deriva da merce, mercato). Ridurre l’intelligenza e la vita a merce di scambio, è azione gravemente degradante, paragonabile alla non ammirevole concessione del proprio sesso in rapporti impersonali, non affettivi ma venali (meretricio viene da merere, farsi pagare). E ciò è vero sia che si tratti di intelligenza e vita proprie, come fa appunto il mercenario, sia che si tratti di intelligenza e vita altrui, come fa il rapitore ricattatore, che ruba la libertà e la vita di persone umane e le rivende per denaro. I due comportamenti si corrispondono. Non conta chi compie le azioni – noi italiani o loro iracheni – ma ciò che le azioni sono. Chi vende sicurezza armata a chi è minacciato dalla minaccia che egli stesso ha creato – tale è il caso, oggi in Iraq, di un esercito invasore, o di collaboratori all’occupazione, o di imprese che utilizzano economicamente l’occupazione – non rischia la vita per un ideale, ma vende per denaro la propria attività armata, in difesa di una evidente violenza. Così fa chi, nella sua attività intellettuale, chiama libertà l’oppressione, diritto l’aggressione, difesa l’offesa. Entrambi sono mercenari. Del tutto differente è il caso di chi fa protezione armata (pur guadagnandosi da vivere così) di persone minacciate che non minacciano: per es. le forze di polizia in generale; le guardie del corpo di minacciati da terrorismo mafioso o politico. Si potranno discutere i modi e i mezzi usati, le cause sociali dei fatti, ma costoro difendono professionalmente un diritto, non una violenza. Bisogna riconoscere che, nei comportamenti definiti mercenari, può esserci una scusante soggettiva in chi, per esempio, ritiene giusta quella occupazione militare a cui presta la sua opera di protezione, oppure ritiene bene manipolare la verità per favorire una certa posizione. Si dovrà discutere e correggere quella convinzione, ma in prima istanza va considerata. Eppure, anche in questi casi, se fosse evidente che il movente maggiore non è ideale ma venale, la definizione di mercenario sarebbe corretta. Chi contratta il prezzo di una tale azione, chi assolda personale per queste azioni rese appetibili dal compenso in denaro, compie indubbia attività di mercenariato. Del resto, il significato originario di soldato (da soldare, assoldare) è «chi esercitava il mestiere delle armi per mercede» (Zingarelli). Poi, è sopravvenuto l’obbligo della leva. Oggi, col ritorno agli eserciti volontari, il soldato, ogni soldato, torna ad essere veramente mercenario, certo con la possibilità dei motivi soggettivi di idealità o, molto più spesso, di umiliante necessità. e. p. |