IMMIGRATI E DIRITTI UMANI

Volevano non sapere. E noi?


Nella sua intervista riportata in conclusione di Se questo è un uomo, Primo Levi dichiara che il popolo tedesco, seppure giustificato in parte dal regime dittatoriale cui era sottoposto, non si è mai battuto molto per opporsi agli orrori dei campi di concentramento. Dice Primo Levi: «chi sapeva non parlava, chi non sapeva non faceva domande, a chi faceva domande non si rispondeva».

In questi ultimi anni stanno accadendo cose che ricordano con troppa tragica somiglianza gli eventi atroci di quei tempi. Gli orrori che hanno avuto luogo (e che certamente hanno ancora luogo) a Guantanamo, ad Abu Grahib, in alcune carceri “private” afgane, nei bracci della morte del mondo, e in svariati altri luoghi di prigionia, sono realtà presenti e attuali, di cui tutti siamo ormai a conoscenza. Alcuni però potrebbero obiettare che non siamo noi i diretti responsabili di quelle torture.

Guardiamo allora cosa sta accadendo, in questi giorni, in casa nostra, sotto i nostri occhi. Nelle ultime settimane, a seguito degli accordi presi dal nostro primo ministro con il signor Geddhafi, quest’ultimo ha dato il permesso di “restituirgli” gli immigrati clandestinamente sbarcati nel nostro paese. Già diverse centinaia di questi disperati, giunti alle coste di Lampedusa dopo aver pagato con quanto ancora possedevano qualche scafista senza scrupoli, dopo aver perso tutto pur di abbandonare un luogo di sofferenza e di morte, dopo aver trascorso pochi giorni o anche solo poche ore nel centro di “accoglienza” (in condizioni igieniche inumane), si sono visti ammanettare e trascinare su aerei militari che, in quattro e quattr’otto, li hanno riportati in Libia, fra le braccia di coloro dai quali avevano cercato disperatamente di fuggire.

A quale destino stiamo condannando queste persone? Noi non abbiamo la pena di morte, oh no, noi non ci sporchiamo le mani con il sangue di questi profughi, lasciamo che a farlo sia qualcun altro dall’altra parte di una lingua di mare costellata dai cadaveri di tutti quelli che non sono arrivati neppure a toccare le nostre coste e a raggiungere i nostri meravigliosi centri di “accoglienza”.

Occorre battersi contro questa decisione assassina: Amnesty International ha già diramato un comunicato stampa in cui esprime, parlando della Libia, «gravi preoccupazioni per la situazione dei diritti umani nel paese nordafricano, [...] negli ultimi mesi la Libia ha violato i propri obblighi, come quando ha deportato cittadini eritrei nel loro paese di origine; molti di essi si ritiene siano ora detenuti in isolamento in carceri segrete e in condizioni di prigionia assai dure».

Tutti noi dobbiamo protestare contro questa indegnità, dobbiamo divulgare queste notizie, far sapere che noi italiani, contrariamente ai tedeschi all’epoca di Hitler, sappiamo perché vogliamo sapere. E ci opponiamo.

Grazia Guaschino

 
 
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