Editoriale
 

Alla fine della conferenza del cardinale Lehmann a Torino, il 15 novembre, il filosofo Ugo Perone ha osservato che ci sono appartenenti alla chiesa che non sono aderenti, e aderenti non appartenenti. Gli appartenenti sociologicamente e culturalmente non sono sempre spiritualmente aderenti. E viceversa. Sulla tomba di Raffaele Pettazzoni (1883-1959), studioso non cristiano delle religioni, è scritto: «Esaltò nello studio e nella vita il mistero che rivelato ci divide e sofferto ci unisce».

Spesso, chi è al margine e sui confini sociologici e culturali della chiesa può condividere, più di chi vi appartiene ben dentro, la passione della verità con quelli che chiamavamo i “lontani”. Ernesto Balducci forse è stato il migliore di questi cristiani ai margini della cittadella, abitanti del confine che comunica con tutta l’umanità, affinché non ci siano più confini. Ma il suo vescovo, che pure fu un buon vescovo, durante il funerale in Santa Maria del Fiore, lo rimproverò per essere stato «ai confini dell’ortodossia» (cfr. editoriale del foglio 190). Lo difese il generale del suo ordine, lo scolopio p. Balcells: «Solo chi è estraneo al Vangelo ha potuto definirlo uomo del dissenso» («Adista», 17 giugno 1992).

A Torino bisogna chiedersi se i cattolici, e in generale i cristiani, hanno saputo interpretare e dialogare con la “religiosità” senza religione di un personaggio rappresentativo come Bobbio (basta vedere MicroMega n. 2/2000 e n. 1/2004, dove interviene anche Carlo Maria Martini). Messori (nel libro di cui parliamo a p. 7) lo bolla come razionalista insensibile, ignorandone gli interrogativi spirituali degli ultimi anni.

D’altra parte, anche la cultura laica ha i suoi canoni a cui può sfuggire il «mistero sofferto». Un esempio: quando morì Balducci, eminente trasgressore dei confini fra “tribù” culturali, criticammo «L’Indice» che ne affidò il ricordo quasi soltanto a cattolici, e anche Bobbio intervenne nella discussione (cfr. editoriali del foglio 193, 194 e 195). Nelle recenti affollatissime Lezioni Norberto Bobbio, non una riguardava questo aspetto centrale del suo pensiero dell’ultimo periodo. Salvo errore, soltanto Zagrebelsky vi ha fatto attenzione.

Oggi la chiesa cattolica si sente perseguitata come Buttiglione nel Colosseo di Bruxelles, e tenta una riconquista culturale della società, come Paolo si illuse di fare ad Atene, prendendo poi altre vie più proprie al Vangelo. Per parte nostra, da oltre trent’anni tentiamo a Torino un dialogo anche culturale, persino teologico, alieno da proselitismo, centrato anzitutto sul «mistero sofferto», quello che unisce ogni spirito sensibile. Non mancano piccoli segni di riscontro, anche preziosi, ma non ci importa calcolarli. Cerchiamo di essere seri, respingendo la presunzione a cui ci tenta un lettore troppo lanciato, che ci scrive: «Fate più apostolato voi del vescovo». Eminenza, lo perdoni!

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