Il dividendo della violenza

«O la politica controlla la violenza, o la violenza determina la politica. Si tratta di una legge pressoché naturale che quindi comporta una vera e propria scelta etica di campo. Chi vuole vincere a tutti i costi deve ricorrere alla violenza; chi mette la politica al primo posto accetta di poter andare incontro a sconfitte (provvisorie), compromessi, rinunce. E subito osserveremo che Robespierre è caduto vittima della sua stessa politica, che Stalin è stato seppellito dalla storia, che l’Algeria si è liberata, che Pinochet è stato cacciato, che l’equilibrio del terrore è cessato. Alla lunga la violenza, quando s’impone sulla politica, diventa a sua volta una politica, e in questo caso è destinata a perdersi. (...) La violenza dona la vittoria, ma in cambio impone il suo governo. È questo il patto che la virtù di Robespierre stipulò con il terrore e quest’ultimo incassò il suo dividendo» (Luigi Bonanate, La politica internazionale fra terrorismo e guerra, Roma-Bari, Laterza 2004, pp. 132-33).



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