EUROPA
Una società da inventare

A fine di un anno così importante per la storia europea, ci sembra importante fare un breve cenno alle Settimane Sociali di Francia (Lille, 23-26 settembre 2004) dal titolo L’Europa: una società da inventare. Non sono parole diventate facile slogan “alla moda” o motivo retorico, ma hanno saputo diventare un discorso veritiero e vivo, da approfondire e da non dimenticare. L’Europa, sì, la “vecchia” e la “nuova”, sui volti delle quattromila persone arrivate a festeggiare il centenario delle Settimane Sociali e la nascita dell’Europa a 25, a interrogarsi su cosa vuol dire essere cristiani in Europa al di là di etichette e proclami, a scambiarsi idee sulla partecipazione e sullo sviluppo.

Il programma è stato densissimo, quasi si volessero concentrare tutte le domande possibili per un europeo contemporaneo, ma si è delineato con nettezza un orizzonte comune: fare dell’Europa una forza di pace, riprendendo il pensiero di Schuman («L’Europa si pone l’obiettivo della pace mondiale»), al di là delle resistenze dei disfattisti e delle difficoltà del panorama politico internazionale. Tra i tantissimi interventi (che i più curiosi possono trovare su www.ssf-fr.org e su www.ssf2004.org ), ricordiamo solo alcuni pensieri, affastellati l’uno accanto all’altro (il commento è, naturalmente, nella scelta). «L’Europa non fa perdere la proprie origini ma è fondata sulla diversità, è un’unione di minoranze nella quale nessunopuò violentare gli altri con la propria superiorità» (Prodi); «Le parole d’ordine per realizzare le aspettative dei cittadini europei sono: istituzioni politiche comprensibili, sussidiarietà tra gli stati nazione, decisioni chiare e affidabili» (Delors); «Si deve essere fieri dell’Europa nella propria identità nazionale. L’Europa è l’unico luogo in cui la pace è un valore permanente, perché i popoli europei sono stati capaci di rifare la storia quando si pensava che la storia fosse finita» (Juncker).

Scegliere l’Europa, allora. E inventarla: con i colori della pace... andando oltre i beceri pessimismi di finti politici e di folcloristici movimenti che non meritano molte parole.

Simona Borello


 
 
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