Non c’è dubbio: questo è tempo di piangere. Ci sarà mai un tempo per ridere? Secondo il Qoelet sì. Ma sono in molti a credere che i cristiani non sappiano e non possano ridere proprio perché cristiani. Che anzi siano i primi a soffocare la possibilità stessa del riso. Anni fa Il nome della rosa di Umberto Eco propagandava in forma di romanzo dall’ambientazione medievale la convinzione che il cristianesimo sia intrinsecamente apocalittico nel senso più distruttivo, e per ciò ostile a ogni tipo di comicità.
Di recente un ponderoso volume di G. Minois dal titolo Storia del riso e della derisione (Dedalo 2004) esprime le stesse idee, nella trattazione dedicata all’Alto Medioevo (pp. 123-76), sintetizzandole in paragrafi dai titoli eloquenti: «Il riso, conseguenza del peccato originale», «Gesù ha mai riso?», «La demonizzazione del riso da parte dei Padri della Chiesa», «Il riso bandito dai monasteri», e lanciandosi in affermazioni perentorie del tipo: «Il riso non è una caratteristica naturale del cristianesimo, religione seria per eccellenza». Ma le cose stanno davvero in questi termini? Un convegno dal titolo «Riso e comicità nel cristianesimo antico», che si terrà a Torino, nella Sala dell’Archivio di Stato di piazza Castello, dal 14 al 16 febbraio, cercherà di offrire qualche spunto per una verifica, attraverso un’ampia panoramica di contributi sulla Bibbia e sulla letteratura patristica.
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C.M.
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