Raccontare la Scrittura


Raccontare un racconto sembra la cosa più facile del mondo, ma non lo è. Tanto che oggi tutti raccontano frammenti, spezzoni di racconti, anche drammatici e bellissimi, che mancano però dell’insieme, sono privi della percezione del tutto. Nessuno ha più il coraggio di cominciare dall’alfa per finire all’omega. Forse per questo anche i fondamentalisti, che si richiamano alla Bibbia, mostrano di conoscerla poco e di non averla mai letta per intero. Si accontentano di trarne ciò che loro interessa, la utilizzano per spezzoni, senza lasciarsi da lei formare e vivere nel suo orizzonte.

È dunque di grande interesse il tentativo che Silvia Giacomoni fa di rimettere in gioco, tra le nostre possibili letture, la lettura della Bibbia, proponendola come grande processo narrativo, capace di interpretare e di finalizzare la nostra storia all’interno dell’intera storia dell’umanità.

C’è molto buon senso in questo progetto, che si rivolge non ai cultori, ma agli inesperti della Bibbia, a coloro che hanno perduto il contatto con essa, affinché possano ritrovarvi la fonte di tanti racconti e riproporli a figli e nipoti. Ma c’è anche qualcosa di megalomane. Tenta infatti un’impresa in sé quasi impossibile: unificare nella lingua e nella sensibilità di un solo autore un’intera letteratura, una varietà di lingue e di sensibilità, che davvero sconcerta e che è davvero una delle più grandi ricchezze culturali e teologiche che la Scrittura ci lascia. Anche questa megalomania, con tutti i suoi limiti, è comunque benvenuta, se apre una pista e ci aiuta a compiere un piccolo passo verso la riconquista della familiarità con la Bibbia.

Il primo risultato della ricerca della Giacomoni è farci cogliere che, dietro le difficoltà filologiche e storiche del testo, stanno una storia e un messaggio che si possono trasmettere come racconto. Lei ci riesce con semplicità e con apparente facilità, anche se con qualche sacrificio per i nodi più problematici e intriganti del testo. Il secondo risultato è la percezione dell’unitarietà del racconto nella varietà dei suoi autori, dei tempi di composizione, delle prospettive esistenziali e teologiche dei suoi singoli testi. La Bibbia (i libri) è Bibbia (il libro), proprio perché, nonostante la molteplicità delle mani che la compongono, è sentita come un tutt’unico, come le molte voci di un solo racconto.

Dispiace in questo senso, anche se ben lo si comprende, che l’autrice fermi la sua parafrasi narrativa all’Antico Testamento, lasciandone fuori il Nuovo, tanto più che segue il canone cattolico dell’Antico e spesso ne cita gli sviluppi interpretativi cristiani. Qualcuno potrebbe pensare che ciò che si può fare per l’uno non si può fare per l’altro, perché quest’ultimo sarebbe di pasta diversa. Così non è. Tanto l’Antico quanto il Nuovo Testamento sono raccolte di libri che hanno in comune una trama storica, resa per lo più come racconto. L’uno e l’altro possono essere raccontati, ma il secondo mai senza uno stretto legame con il primo. Ecco perché speriamo e ci attendiamo che Silvia Giacomoni voglia completare la sua Bibbia con un secondo volume. In sua assenza essa non potrebbe essere per i cristiani di oggi la Bibbia.

a. b.

•Giacomoni Silvia, La Nuova Bibbia Salani, L’Antico Testamento,
Salani, Milano 2004, pp. 758, € 20.



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