MEMORIA |
Jacques Dupuis |
Incontrai per la prima volta padre Jacques Dupuis a Torino nel marzo del 1998 nell’ambito di un lavoro seminariale che conducevamo con alcuni amici presso il Centro Teologico di Corso Stati Uniti allora diretto da padre Eugenio Costa. Da alcuni mesi ci confrontavamo su temi attinenti al dialogo fra le religioni e ci parve una preziosa opportunità quella di poter colloquiare con Dupuis, di cui era appena stata pubblicata dalla casa editrice Queriniana l’opera Verso una teologia cristiana del pluralismo religioso, testo fondamentale, completo e documentato sullo stato della ricerca teologica a proposito di questo tema di così grande attualità. Rimasi profondamente colpita dalla semplicità con cui il grande teologo accettò di confrontarsi con noi per alcune ore, mettendoci a parte del suo percorso di ricerca, della sua esperienza di vita in India, delle prospettive teologiche che si stavano aprendo nell’ambito del dialogo fra cristianesimo e religioni. Il suo rigore scientifico, la serietà del suo lavoro, la completezza della documentazione fornita, le aperture da lui individuate e la sua consapevolezza che la ricerca era ancora all’inizio e richiedeva un ulteriore ampio e approfondito dibattito per poter raggiungere dei traguardi consolidati furono per me, come penso per gli altri convenuti, uno stimolo grandissimo per continuare con determinazione sia gli studi sia le attività di dialogo interreligioso che proprio in quegli anni stavo iniziando ad attuare. Quando nel giugno dello stesso anno si apprese dei provvedimenti disciplinari cui il padre. Dupuis fu sottoposto dalla Congregazione per la Dottrina della Fede a causa delle tesi proposte nel suo libro, rimasi sconcertata e addolorata. Ancora una volta una voce profetica della Chiesa (pensiamo – per citarne solo alcune recenti – a Tehillard de Chardin, Buonaiuti, don Primo Mazzolari) veniva messa a tacere in modo autoritario uccidendo la possibilità di un dibattito e di un confronto teologico franco e libero su un tema tanto attuale ed importante. Dupuis si difese con l’abituale determinazione e rigore scientifico, vi furono ulteriori malintesi che lui cercò di chiarire. Nel 2001 la Queriniana pubblicò un suo nuovo studio Il cristianesimo e le religioni rivolto ad un pubblico più largo di non specialisti, in cui gli argomenti del libro contestato vengono affrontati in modo diverso ed originale tralasciando però le questioni teologiche più spinose. Negli anni successivi Dupuis venne a Torino ancora alcune volte per conferenze pubbliche. Mi parve un uomo segnato sia fisicamente che moralmente dalla sofferenza, reso guardingo – ben oltre la sua natura – nell’esporre gli argomenti oggetto della sua ricerca, pur mantenendo intatta la lucidità intellettuale e la passione interiore. «Adista» (n. 1, 8 gennaio, p. 7) ha rivelato la differenza tra la dichiarazione firmata da Dupuis e quella – diversa – diffusa dal Vaticano. «Dopo una serie di trattative e di modifiche al testo, nel dicembre del 2000 p. Dupuis accetta di sottoscrivere la Notificazione, nella quale si afferma che nel libro “vi sono notevoli ambiguità e difficoltà su punti dottrinali di portata rilevante, che possono condurre il lettore a opinioni erronee o pericolose”. La Notificazione, datata 24 gennaio 2001, viene poi pubblicata sull’«Osservatore Romano» il 26 febbraio 2001 insieme a un “articolo di commento” non firmato e da molti attribuito allo stesso Ratzinger. Si tratta però di un testo diverso da quello sottoscritto da Dupuis, come lui stesso denuncia in una conferenza stampa: in quello originario si affermava che il teologo accettava di “tener conto” della Notificazione nel suo futuro lavoro, in quello pubblicato è invece scritto che si impegna ad “assentire alle tesi enunciate”». Quando ho appreso della sua morte mi sono venute alla mente le parole di don Primo Mazzolari: «È doloroso patire per la Chiesa, ma ancora più doloroso è patire dalla Chiesa». Maria Adele Roggero |