CINEMA |
Alla luce del sole |
Qualcuno dice: è schematico. I mafiosi sono senza sfumature, ma è anche vero che Faenza ridona loro i vestiti meschini dell’abuso e dell’interesse personale che tanta «mitologia» – passata e recente – ha spesso dimenticato. E i tre protagonisti – Zingaretti, Goria, Fortuna – sono molto bravi a dipingere con sobria intensità i volti di questi appassionati apostoli della verità, senza cadere nel compiacimento né nella caricatura. Ci ha colpito la differenza tra le generazioni: gli adulti si nascondono dietro le finestre, solo giovani e bambini sono toccati dalla novità, dallo stile onesto e critico proposto dal prete. Questa differenza fa sperare. O anche disperare, perché sopraffatta, come urla il finale. Abbiamo letto che c’è stata una proiezione speciale a cura della curia palermitana. Nella narrazione, il vescovo figura male: è vero che manda le suore in aiuto, ma doveva giocare la propria personale autorità. Come qualche volta si è osato fare... A Torino, nella situazione locale, nell’«autunno caldo», Pellegrino lo fece, andando in piazza alla tenda dei sindacati davanti alla stazione, e con tutto il suo insegnamento. A Ivrea, dove Bettazzi arrivò anche alla difesa pubblica di un giovane anarchico suicida in carcere. E molto altro si può ancora osare.
|