INTERVENTO
Cuba sì, Cuba no, esistono altre opinioni?

Cuba, questa meravigliosa isola caraibica chiamata anche Isla grande, è sempre al centro delle passioni, nonostante le epocali trasformazioni e nuove omologazioni geopolitiche, operate, soprattutto negli ultimi quindici anni, sui paesi dell’area post-comunista (cinese e sovietica). Oggi Cuba non è indenne dal «nuovo che avanza» del liberismo selvaggio, ma resiste, pur se con qualche contraddizione sociale, non perdendo la risonanza internazionale con l’ammirazione degli amici e le condanne dei suoi nemici. Se si tralasciassero le coordinate ideali e politiche sembrerebbe, quasi, che oggetto del contendere non sia una nazione ma, come una “telenovela” che si rispetti, un’avvenente donna, fatale e misteriosa che travolge e trafigge cuori suscitando sentimenti contrastanti, insieme allo strascico di alleanze, gelosie, vendette...

Non intendo in queste poche righe fare una descrizione esaustiva del quadro cubano e tantomeno arrivare a una conclusione, perché se c’è qualcosa che traspare su Cuba è proprio il contrario della certezza, ma piuttosto una quasi poetica impalpabilità della sua quotidianità. A far riflettere sulla situazione corre in aiuto una barzelletta raccontata a Fidel Castro da un giornalista di nome Pineiro, su un’ipotetica (ma non troppo) spia yankee a rapporto dal presidente Usa: «Signor presidente, non c’è disoccupazione, ma nessuno lavora. Nessuno lavora, ma secondo le statistiche si raggiungono tutti gli obiettivi della produzione, ma i negozi sono vuoti. I negozi sono vuoti, ma tutti mangiano. Tutti mangiano, ma tutti si lamentano di continuo perché non c’è nulla da mangiare e mancano persino i deodoranti. La gente si lamenta di continuo, ma tutti vanno in Plaza de la Revolución ad acclamare Fidel. Signor presidente, abbiamo tutti i dati e nessuna conclusione».

Diffiderei pertanto delle semplificazioni dicotomiche di molti commentatori del «tutto ok!» o «tutto da cambiare!» Chi ama davvero Cuba l’accetta anche con i suoi punti interrogativi, che certamente esistono ma non saranno espressi dalle autorità cubane, anche se non abbiamo esempi molto migliori dalle nostre democrazie, soprattutto oggi.

Tutto ciò non mi esime, comunque, dall’esporre una mia riflessione partendo dal presupposto che esistono risposte e prospettive al pensiero unico del castrismo, che lo stesso sistema continua a produrre al suo interno, con l’alto livello di scolarizzazione e di competenza, anche se la sfida che si presenterebbe a Fidel, o ad altri suoi connazionali, per la svolta di un socialismo libertario (stile Chávez), sarebbe attualmente ancora più ardua di quella dell’era Gorbaciov. Altre repentine alternative consegnerebbero facilmente il paese allo strapotere e all’arroganza dell’altro nuovo e più sibillino pensiero unico, il «nuovo che avanza» appunto, con la sua presunta palingenesi di un redento nuovo mondo, omologato anche spiritualmente e che piace tanto anche ad alcuni ex “sovietici” ora pentiti e convertiti al vangelo di Berlusconi, Bush & C.

Di fatto comunque a Cuba già oggi coesistono due modelli economici e due mondi paralleli: il real-socialista con lo status-quo del necessario per l’alimentazione, la scuola e la sanità gratuite, con il corollario della pianificazione economica, e qualche avvisaglia del modello neo-liberista, con la moda della Nike, la Nestlé, ecc. sugli scaffali dei negozi a valuta speciale, mentre i/le fortunati/ e che hanno più di qualche “sentimentale” contatto con i turisti stranieri si iniziano già a vedere con il cellulare in alcune aree cittadine, in contrasto con i molti medici e insegnanti che lavorano per lo stato e percepiscono un compenso mensile che oscilla tra i dieci e i venticinque dollari. Altro terno al lotto è quello di avere parenti all’estero,altrimenti la vita offre poche soluzioni e la rassegnazione cresce.

Di fronte a questo e altro ancora, il confronto tra le classi si fa sempre più stridente e rischia di rompere una coesione sociale e culturale ancora forte nel paese. Cuba, a mio avviso, sembra come ferma davanti a un bivio che voglia imporre solo due alternative: o la difesa e l’accentuazione dell’ideologismo marxista, o l’adesione al grande mercato mondiale. Entrambi paradigmi superati, anche se il primo in tempi e modi più precoci rispetto al secondo, ora in fase attuale di lenta agonia.

La mia preghiera (laica) è proprio quella che l’Isla grande elabori prospettive che non siano le sintesi del peggio della burocratizzazione o della competizione, ma piuttosto una nuova pacifica rivoluzione che parta dalle sue grandi risorse ambientali, scientifiche, spirituali e umane in simbiosi con un’America Latina che con le svolte politiche di molteplici nazioni, sta sempre più dimostrando di emanciparsi dallo strapotere delle compagnie transnazionali e dalla sudditanza internazionale, con l’Europa apparentemente defilata e politicamente alla finestra.

Giampiero Fasoli


 
 
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