TERRY SCHIAVO |
Il caso e la persona |
L’argomento principale a cui si aggrappano coloro che si oppongono all’interruzione dell’alimentazione artificiale a cui Terry è stata sottoposta è che la donna ha ancora una «minima coscienza» di sé, come ha dichiarato un medico di una clinica di Jacksonville, e che in ogni caso l’uomo non ha il diritto di interrompere una vita di propria iniziativa. Se si intende la vita come la pura e semplice animazione della materia, allora Terry è viva: le sue funzioni vitali sono ancora intatte. Ma ciò che in gioco qui è il valore della persona con il suo bagaglio di esperienze, sentimenti, rapporti sociali: vista in questa prospettiva, si può dire che la persona Terry esista ancora? Se il danno irreversibile alla corteccia cerebrale esclude che la donna possa provare o percepire qualcosa, allora la sua vita umana è terminata, e resta solo la vita biologica, prolungata artificialmente. Senza il tubo che la alimenta Terry sarebbe morta da tempo: se interrompere l’alimentazione significa sostituirsi a Dio per decidere sul destino di un individuo, prolungare un’esistenza già virtualmente terminata non è forse opporsi ugualmente alla volontà di Dio, o della natura, se si preferisce? Una cura ha senso se prospetta margini di miglioramento o assicura un’esistenza umana individualmente significativa, non se si limita a prolungare la vita biologica di un organismo, perché altrimenti si tratta di semplice accanimento terapeutico, della volontà perversa di opporsi a tutti i costi alla morte, in un delirio di onnipotenza pari a quello che porterebbe all’uso indiscriminato dell’eutanasia. È profondamente ipocrita, in ogni caso, la scelta di lasciar morire Terry di inedia, aspettando la completa disidratazione del suo corpo, perché sia la natura a scrivere la parola fine alla vita della donna: pietà umana suggerirebbe di rendere la morte più veloce possibile, senza infierire ulteriormente su un organismo già stremato. Attorno a questa vicenda si è creato un grottesco teatrino, in cui si muovono politicanti, attivisti religiosi, giornalisti e semplici curiosi. I fratelli Bush hanno impugnato il caso facendosi portabandiera del diritto alla vita: il Presidente ha dichiarato che, anche se opporsi alla decisione dei giudici fosse un errore, è sempre meglio errare dalla parte della vita. Lodevole sentenza, ma che suona profondamente ipocrita in bocca a chi finora non si è mostrato granché rispettoso della vita umana: i morti in Iraq avrebbero da dire qualcosa in proposito. Come potrebbero avere qualcosa da obiettare i numerosi imputati giustiziati da Bush in Texas nonostante forti dubbi sulla loro colpevolezza, e i condannati che aspettano l’esecuzione senza che gli evangelici piangenti accampati sotto la finestra di Terry muovano un dito per difenderli. Evidentemente i criminali o presunti tali perdono automaticamente ogni status umano, e Dio li lascia volentieri al nostro giudizio. Bush, inoltre, prima di scagliare anatemi contro i nemici della vita avrebbe fatto bene a ricordarsi delle altre persone nelle condizioni di Terry, che pesano notevolmente sul sistema sanitario statunitense, i cui fondi non sono certo aumentati negli ultimi quattro anni di governo. Infine ci sono le ambiguità nel comportamento dei genitori di Terry, che prima affermavano che la figlia era in puro stato vegetativo, e ora dicono addirittura di averla sentita dire di voler vivere; e la figura controversa del marito, che non si può condannare per essersi rifatto una vita ma si può ragionevolmente sospettare che abbia qualche interesse a voler eliminare una moglie diventata un peso non indifferente. I giudici gli hanno creduto quando ha detto che Terry non avrebbe mai voluto vivere in queste condizioni, ma basare la decisione di staccare il tubo alla donna su una frase che quest’ultima avrebbe pronunciato anni fa in presenza del solo marito è una scelta che può legittimamente essere contestata. Al centro di questo palcoscenico mediatico resta una donna che tutti dicono di voler difendere, ma che è in ogni caso una vittima, tanto più indifesa quanto più circondata da gente che pretende di agire per il suo bene. I cristiani che sventolano bandiere e pregano per salvarla; coloro che si battono perché sia lasciata morire; i politici che si affannano da una parte e dall’altra: tutte queste persone non difendono Terry, ma ciò che il caso Terry rappresenta, la loro ideologia, i principi su cui hanno basato la propria esistenza. Anche prima di morire, Terry è già stata uccisa due volte: dal collasso che le ha rubato la vita quindici anni fa e da chi ha sfruttato la sua sventura per sbandierare i propri ideali davanti al mondo, dimenticando che gli ideali devono camminare sulla terra, sporcarsi con la sofferenza delle persone, non volare sulle vette di un intellettualistico quanto gelido cinismo. |