UN SANTO PER IL FUTURO

Sant’Attrito


Da qualche tempo penso seriamente che dovremmo promuovere il culto di Sant’Attrito. Non cercate il suo nome sul calendario o sul dizionario dei santi, perché non lo trovereste. Neppure ha nulla a che vedere con l’attrizione o la contrizione. Eppure mi pare indubbio che questo sarà uno dei maggiori santi del futuro, sempre che l’umanità abbia un futuro: perché sembra uno dei pochi veramente disposti a darle una mano in questi tempi calamitosi.

Consultiamo il Devoto-Oli alla voce «attrito»: «Forza che si desta al contatto fra due corpi premuti l’uno contro l’altro e ne impedisce o ne rallenta il moto relativo». Perfetto, salvo che non considera o dà per scontato l’uso metaforico, che pure è importante. Ad esempio, gli studiosi di strategia militare parlano di attrito per descrivere i fenomeni che rallentano l’azione di un esercito. Si sa che la velocità di un gruppo che procede insieme è sempre quella del più lento. Se c’è un’autocolonna che procede verso una posizione con una precisa tabella di marcia, basta che un mezzo abbia un intoppo, l’autocolonna è bloccata, addio tabella di marcia. Il nemico esulta, il generale si dispera. Nel nostro piccolo, abbiamo tutti fatto esperienze di gite in montagna in cui Carlo si era dimenticato le pelli di foca, Giovanna i guanti, Ernesto di fare benzina. Diciamo la verità, qualche volta Sant’Attrito fa dei brutti scherzi. Ad esempio, gli aerei carichi attendono in pista di partire con gli aiuti alle vittime dello tsunami: solo che l’ente x esige la direzione dei soccorsi, l’ente y non è d’accordo, il ministro chiamato a decidere il conflitto di competenze è occupato in importanti riunioni di sottogoverno e non è assolutamente disponibile.

Ammettiamo che qualche volta Sant’Attrito non le faccia giuste; ma del resto quale santo le fa tutte giuste? Se il santo protettore degli sport invernali fa nevicare sull’Italia settentrionale, il protettore degli automobilisti non fa salti di gioia: anche tra santi ci sono conflitti di competenze e di interessi.

Eppure, ribadisco il concetto che è Sant’Attrito il santo del futuro. Nei secoli scorsi, quando le strade quasi non esistevano e la massima velocità su terra era quella di una carrozza (praticamente la stessa di un buon camminatore), l’attrito faceva la figura del cattivo dei film e infatti nessuno proponeva di farlo santo. Negli ultimi due secoli le abbiamo studiate tutte per ridurlo al minimo: ma ora che gli aerei e perfino i (futuribili) treni dell’alta velocità corrono come disperati, oggi che possiamo parlare con il cugino emigrato in Australia e persino vederlo in faccia, che i bambini nascono col telefonino incorporato, non ci rimane che sperare in ingorghi, black out, disfunzioni varie del sistema per restaurare un minimo di possibilità di vita, di silenzio, di riflessione e quindi anche di vera comunicazione.

Il buon Pascal osservava che se a un cacciatore che esce di casa si regalasse la lepre che spera di cacciare, non la vorrebbe: in effetti, quello che vuole non è la lepre in sé, ma la caccia: la camminata, gli appostamenti, i cani, l’incertezza, le emozioni: ancora una volta, l’attrito.

Un muratore mi spiegava il mutamento epocale nella sua professione: anni fa il padrone, vedendolo staccare per “torciare” una sigaretta, ha cominciato a offrirgli una sua sigaretta e ad accendergliela. Certo, “torciare” era anche una scusa per fare qualche minuto di pausa: ma era anche un piacere in sé, l’attesa era parte integrante del godimento della sigaretta.

Per fortuna nel nostro felice Paese Sant’Attrito sembra tenere duro, anzi guadagnare fedeli ogni anno: attriti, ingorghi e inceppamenti del sistema non mancano. Anzi, in quanto fedele utente della linea ferroviaria Cuneo-Torino confesso che ogni tanto mi viene da mormorare una giaculatoria un po’ irriverente: «Troppa grazia, Sant’Attrito».

Alberto Bosi

 
 
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