Cauta attesa


Nel giro di una sola settimana la chiesa cattolica è passata dal trionfo (milioni di persone e centinaia di potenti devotissimi) a una barca in difficoltà bisognosa di una guida forte che la tiri fuori dal pantano.

«Solo nella chiesa si può essere cristiani». Questo sembrava essere il programma del cardinale Ratzinger. È stato, come «Grande Inquisitore», il teologo dei «no»: no al matrimonio dei preti, no al sacerdozio femminile, no alla contraccezione, no all’omosessualità, no all’eutanasia, no alle aperture ai divorziati, no al relativismo culturale, no alla teologia della liberazione. Dobbiamo dunque prepararci a un periodo di maggiore oscurantismo? Forse è un po’ presto per cedere al pessimismo.

Pensiamo a papa Giovanni. Da cardinale condannò i democristiani «di sinistra». Da papa continuò l’amicizia col dittatore Franco e nei primi due anni del pontificato continuò a intromettersi nelle vicende della politica italiana. Poi divenne il papa della nuova Pentecoste. Il cardinale Ottaviani, simbolo della più gretta intolleranza, finì come mite propugnatore della nonviolenza. Il cardinale Luciani passava per conservatore. In un mese, in nome dell’humilitas, abolì trionfalistiche usanze secolari. Persino il vescovo martire Romero debuttò come moderato.

Ratzinger invece iniziò come progressista; poi divenne il caparbio difensore dell’ortodossia. Ci sarà un “terzo” Ratzinger? Le sue prime parole sono state di profonda umiltà; come Benedetto, forse, non ha inteso essere una fotocopia di Giovanni Paolo. Nell’omelia tenuta nella Cappella Sistina la mattina del 20 aprile, il giorno dopo la sua elezione, sembra che i suoi precedenti «no» siano stati messi tra parentesi. Come scrive Küng («la Repubblica» 20-4-05), «l’esperienza insegna: il magistero di Pietro nella Chiesa cattolica è ai giorni nostri una sfida di tale entità, da poter cambiare profondamente qualsiasi persona (...). Chi entra in Conclave con l’immagine o la fama di cardinale conservatore può uscirne come pontefice riformatore».

Auguriamo all’ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede di ricordarsi di essere un discepolo di Gesù, l’ebreo marginale privo di mezzi ricchi e violenti, amico dei disgraziati, dei disprezzati, dei peccatori, dei misericordiosi e degli “eretici” samaritani, perseguitato dai potenti custodi dell’ortodossia: e per questo Figlio di Dio.


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