In molti luoghi di Torino si trovano lapidi a memoria di caduti per la liberazione della città o caduti sotto il fuoco dei nazisti o dei fascisti nei lunghi anni della loro oppressione. Sui muri della caserma di via Asti non c’è lapide né nessun ricordo delle torture che qui sono avvenute e delle segregazioni che sono state la prima tappa di transito per i campi di concentramento per molti partigiani catturati nel torinese. Le poche volte che mio padre diceva qualche parola di quel periodo (tacendo quasi sempre il suo impegno nella resistenza, di cui solo alla sua morte ho saputo qualcosa di più – mentre molto di questa memoria è stato sepolto con lui e con i suoi ultimi amici) parlava di questo posto con orrore e quasi ancora con paura.
È possibile che i giovani che passano in quella strada, gli studenti delle scuole lì vicine, i militari che prestano il loro servizio di leva in quella stessa caserma che ha grondato sangue, siano lasciati nella loro beata ignoranza? I luoghi parlano del loro passato, ma bisogna che noi siamo lo strumento per dar loro la voce, perché le grida di dolore, di paura, di rabbia da questi luoghi, dal passato, possano finalmente arrivare alle orecchie degli uomini. Perchè il dolore non sia per sempre dimenticato, perchè solo la conoscenza può portare alla pace e alla giustizia.
Paola
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