MEMORIA |
Ricoeur, l’uomo, una passione inappagata |
Paul Ricoeur, uno dei maggiori filosofi francesi del ’900, cristiano evangelico e maestro nell’interpretazione del simbolo e nell’ermeneutica del fatto religioso e letterario, è morto all’età di 92 anni nei pressi di Parigi il 21 maggio. La filosofia e la teologia contemporanea molto gli devono, particolarmente sul versante della sensibilità al linguaggio, al racconto e all’interpretazione esistenziale dell’uomo e del suo rapporto con la libertà e con la trascendenza. Al centro del suo pensiero e Leit-Motiv di ogni sua opera è, infatti, la riflessione sulla condizione finita e incompiuta dell’uomo, che nella sua essenziale natura temporale e culturale, nel suo essere figlio e padre del tempo e del linguaggio, si qualifica come ente in divenire, come colui che è ciò che ancora non è e che forse mai sarà, al di là del desiderio, del sogno, del racconto e del mito. L’uomo, una passione inappagata che non coincide mai con ciò che già è di fatto, ma si identifica come colui che, «gettato in un orizzonte involontario», ha la capacità di proiettarsi «volontaristicamente» verso l’invenzione di se stesso, verso la propria libertà. Simile in ciò a Dio e per ciò detto immagine e controfaccia del Trascendente, chiamato ad essergli compagno di libera e arrischiata avventura. a. b. |