PER IL FUTURO DELL’UMANITÁ/2
Sant’Archimede

Si sa che senza una qualche speranza, la vita non è vita. È appunto in questo spirito di coltivazione della speranza che ho deciso di por mano ad un mio personale elenco di santi realmente disponibili a dare una mano a quest’umanità in crisi (cfr foglio 321).

Diciamo la verità, di solito i santi non sono troppo generosi in fatto di miracoli; si fanno pregare e ripregare, e quando fanno realmente un miracolo, lo fanno cadere dall’alto (in senso reale e metaforico). Proprio per questo non pensavo di imbattermi in un santo che di miracoli ne fa anche troppi.

Sant’Archimede (prendendo a prestito il nome del grande scienziato siracusano, ma anche quello dell’Archimede Pitagorico amico di Paperino) è il protettore non tanto degli scienziati puri (alla Einstein per intenderci) quanto di tutti gli inventori, ingegneri, tecnologi e tecnocrati che partendo dai risultati della scienza si danno da fare per soddisfare tutti i nostri desideri, realizzando spesso dei veri e propri “miracoli”. Voi chiedete: che cosa ci può essere di meglio? È possibile in questo campo peccare per eccesso?

Ancora una volta bisogna dire la verità, a rischio di far la parte dell’advocatus diaboli. S. Archimede è un po’ come lo zio d’America. Tutti noi all’età del diploma abbiamo sognato uno zio d’America che ci comprasse la spider rossa dei nostri desideri. Alla fine salterà fuori che la nostra fortuna è stata di non avere zii America, perché molto probabilmente con la spider rossa ci saremmo stampati contro un albero. Non che la spider sia una brutta cosa, ma sarebbe meglio assicurarsi che il nipote sappia guidare e abbia la testa a posto, prima di regalargliela. La nipote sogna il viaggio in Oriente, lo zio le compra i biglietti d’aereo, la nipote torna dopo mesi in stato pietoso, drogata fino ai capelli. Non era meglio accertarsi che avesse la testa sul collo, che avesse qualche angelo custode fidato? Peggio ancora: al nipote piacciono le armi, lo zio d’America gli compra un assortimento di fucili alla Rambo, il nipote (anche lui americano) fa una strage a scuola e si giustifica sostenendo che i compagni erano in realtà vietcong travestiti. Non era meglio chiedergli che cosa voleva fare di tutte quelle armi?

In fondo, tutto ciò non è colpa di S. Archimede, al contrario ciò che gli si può rimproverare è di essere troppo buono e di voler accontentare tutti: tanto il malato di tumore che gli chiede una nuova chemioterapia o nuovi mezzi diagnostici, quanto la ragazza che chiede un’operazione di chirurgia estetica, quanto il generale che gli chiede una nuova mina antiuomo, un nuovo missile o una nuova superbomba. Già l’Archimede originario, quello siracusano, non sapeva dire di no: fabbricava specchi ustori con la stessa disinvoltura con cui inventava il metodo per determinare il peso specifico dei corpi.

Se dovessimo rivolgere una preghiera a S. Archimede, non gli chiederemmo di smettere del tutto di inventare, anche perché sappiamo che si diverte un mondo e che comunque molte delle sue invenzioni sono realmente utili. Gli chiederemmo invece di prendersela un poco più comoda, selezionando meglio i suoi committenti e i suoi campi di ricerca, senza lasciarsi condizionare dal committente più ricco e potente, che spesso non è quello meglio intenzionato. Forse che non c’è bisogno di creatività tecnologica per inventare sistemi di cura, di coltivazione, di costruzione delle case, di locomozione che siano al tempo stesso ecologicamente ed economicamente sostenibili, quindi accessibili anche ai poveri del mondo? E infine: più che di nuovi gioielli tecnologici e di nuovi computer non abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a far funzionare il supercomputer che ciascuno di noi si ritrova nella scatola cranica fin dalla nascita? Una macchina prodigiosa che non ci costa un euro, e che mi risulta essere per lo più poco utilizzata.

Alberto Bosi


 
 
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