DOSSIER ELEZIONI
Ai cittadini: una proposta di voto

Nelle prossime elezioni politiche noi cittadini, qui sottoscritti, ci riserviamo libertà di voto, nella quota proporzionale, per qualsiasi lista, comunque collocata rispetto alle coalizioni in gara, e ci impegniamo a votare, nei collegi uninominali della Camera e del Senato, per il candidato o la candidata indicati dalla coalizione di centro sinistra, chiunque essi siano. E invitiamo gli altri elettori a fare altrettanto. 

Ciò non come scelta di parte, ma come assunzione di responsabilità nei confronti dell’intero sistema politico italiano, sia nelle sue componenti di destra, che di sinistra, che di centro.

Il sistema politico italiano, tuttora in fase di transizione, si è andato evolvendo verso forme seccamente maggioritarie e uninominalistiche. L’uninominalismo significa che l’intero mondo delle aspirazioni, degli ideali, dei bisogni e degli interessi politici deve, per ciascun elettore, concentrarsi, ridursi ed esprimersi in un solo nome. Se l’elettore, come da tutti viene del resto invitato a fare, per prima cosa fa una scelta di schieramento, il voto per quel solo nome è obbligato, non libero, quale che sia il vissuto, l’affidabilità, la figura e la prevedibile azione politica della persona che ha quel nome.

Questo sistema è violento. È inutile dire che è un sistema in uso in molte altre democrazie. In Italia noi lo sperimentiamo come violento e tale da produrre violenza; 

– è violento nei confronti del cittadino che al mercato elettorale può scegliere tra due soli articoli, due grandi grumi politici, che spesso tendono a rassomigliarsi, e tra due soli nomi, oppure, a voler uscire da questa rigida alternativa, deve dare un voto fuori partita, o non votare;

– è violento nei confronti delle forze politiche, che sono costrette a confluire nell’uno o nell’altro blocco, le destre con tutta la destra, i nazionalisti con i secessionisti, le sinistre, il centro e la destra più moderata con tutto il centro-sinistra, i militaristi con i pacifisti, mediante unioni spesso incestuose, innaturali, e con compromessi di programma, di idealità, di prospettive politiche che le deformano, le assoggettano a fini non loro, ne occultano o ne snaturano l’identità; oppure devono chiudersi in orgoglioso isolamento, riducendosi a una pura declamazione di intenti e di programmi che non potranno realizzare; 

– è violento nel rapporto interno alle coalizioni, perché la vera ripartizione dei seggi avviene prima delle elezioni, quando essi sono distribuiti dai partiti leaders tra tutti gli altri, come gli antichi feudi, in base ai sondaggi. Sicché si è eletti non grazie ai voti, ma ai sondaggi. Tutto ciò fa sì che la corsa al potere sia oggettivamente agganciata a una cultura della corruzione; 

– è violento per il tipo di competizione che accende, nella quale, quale che sia l’etica e l’educazione di ciascuno, ai fini del risultato è obbligatoria la denigrazione dell’avversario, l’attacco al suo sistema di valori, alla sua esperienza di vita, alle sue virtù e alle sue debolezze anche reali, che in contesti meno crudeli susciterebbero piuttosto comprensione, indulgenza, solidarietà; per contro è richiesta l’autoesaltazione, è istigato il narcisismo che è in ciascuno di noi; è d’obbligo, per chi voglia farsi eleggere, praticare una sorta di cultura della prostituzione, che consiste nell’esibirsi, nel cercare di piacere, nel lusingare i clienti-elettori che si vogliono acquistare, nel cercarsi protettori e manager delle promesse prestazioni.

A questo sistema ci si può illudere di sottrarsi estraniandosi dalla vita politica e non andando a votare. Ma questa sarebbe una risposta violenta a un sistema violento: perché essa nega il sistema senza cambiarlo, ed anzi lo rende sempre più incondizionato e libero di svilupparsi secondo la sua logica.

1. C’è una risposta non violenta al sistema violento, che consiste nel criticare il sistema senza uscire dalla politica, e nel votare nei limiti delle possibilità da esso offerte, per impedire che esso degeneri, che esso chiuda i varchi residui, e perché altre prospettive restino possibili.

2. Questo voto consiste nell’impedire che tutta la destra vada al potere. Non si tratta nelle prossime elezioni di una innocua scelta tra un governo un po’ più di destra o un po’ più di sinistra. Quella che si candida a governare il Paese e che – per ora – pretende di governarlo almeno per dieci anni – senza più “parlare” ma solo per “fare” («qui non si fa politica, si lavora», si diceva in Italia una volta) – non è una destra, ma è tutta la destra: tutta la destra, e solo la destra, con la sua variegata nomenclatura politica, con il suo retroterra monetario e industriale, e con il suo insediamento sociale piccolo-borghese e xenofobo, o per meglio dire antixenita (con la n). Questo coagulo in Italia fa paura, perché è quel fascio di forze che già una volta ha preso le forme e ha parlato la lingua del fascismo. La cultura popolare italiana, che già allora non seppe resistergli, è oggi ancora meno resistente di ieri; essa infatti è stata preparata ad accoglierlo negli ultimi anni di imbarbarimento della comunicazione di massa, di crisi della scuola, di diffamazione della politica e dei partiti, di delegittimazione della funzione giurisdizionale e della regola del diritto, e di amplificazione retorica di due guerre effettivamente combattute, una in Medio Oriente e l’altra in Europa.

3. Arrestare la corsa di tale destra al potere, nel momento in cui essa è già persuasa di averlo in mano, si comporta come se già lo avesse conquistato, e già se ne divide le spoglie, è l’estrema possibilità che il sistema elettorale offre, mediante un voto che sarebbe di responsabilità e di liberazione. Un voto al quale dovrebbe essere portata anche quella destra non volgare che volesse uscire in tempo da tale stretta.

4. Votare per la lista che si preferisce nella quota proporzionale, e per i candidati indicati dal centro-sinistra in tutti i collegi uninominali, è pertanto un atto volto ad arrestare la deriva in corso e a rompere l’ipnosi che tende a far vivere le prossime elezioni come una pura formalità di investitura del governo Berlusconi. Non significa avallare l’azione dei governi trascorsi, anche se superiori per dignità. Votare per i candidati del centro-sinistra non coincide infatti necessariamente con un consenso alla sua condotta di governo. Molti dei firmatari di questo appello non hanno consentito alla guerra, alle scelte di politica sociale, all’inseguimento di quelle politiche di globalizzazione che massimizzando i profitti e distruggendo lavoro fanno impazzire perfino le mucche. Molti puntano a un’alternativa e pensano che «un altro mondo sia possibile». Tuttavia è un atto che si può compiere senza «turarsi il naso»: perché non c’è mai da turarsi il naso quando si sta fra la gente, partecipando alle scelte collettive, facendo la cosa in quel momento più efficace e più giusta. E questa consiste oggi nel provvedere al bene politico più essenziale, che è quello di tenere aperto il futuro, contro tutte le chiusure e le ghettizzazioni, delle frontiere, delle fabbriche, dei partiti, della scuola pubblica, del servizio civile, degli uffici dei Pubblici Ministeri e dello stesso Parlamento. 

5. Noi non crediamo che questo impegno si debba esaurire nel voto, essendo la democrazia non solo eleggere, ma «concorrere a determinare la politica nazionale», come dice l’art. 49 della Costituzione. A tal fine potranno attivarsi gruppi, comitati, osservatori, associazioni di base, corrispondenze in rete, tanto per discutere i contenuti di questo appello, che per influire sulla politica e “produrre” democrazia, come è nella tradizione italiana nella quale la partecipazione politica non si realizza solo nei partiti; basti ricordare l’esperienza della Sinistra Indipendente, che in un’altra fase difficile della vita nazionale, pur nella sua autonomia, fu accanto alla sinistra italiana, con effetti importanti per tutti, sia per i nuovi spazi aperti alla democrazia, sia per risultati specifici, dalla legge Gozzini alla riforma dell’obiezione di coscienza. 

Raniero La Valle, Enrico Peyretti, Luciano Benini, Ausilia Riggi, Giacomo Pignata, Clara Gennaro, Luciano Valle, Clementina Mazzucco, Maria Pia Bozzo, Carlo Ferraris, Paola Carpinello, Davide Pelanda, Chiara Giacometti, Chiara Frugoni, Grazia Guaschino, Giannina Tresso, Ivo Fogliasso, Paolo Fornetti, Ottavio e Vanda Pasquariello, Comunità del Cammino, Franco Peyretti, Angela Dogliotti, Angelo Cifatte, Sergio Torriani, Ennio Pirondi, Lidia Maggi, Ettore Masina, Cesare Pianciola, Carlo Sala, Stefano Girola. 

Si può aderire a questa proposta e farla circolare aggiungendo il proprio nome. Chi lo fa è pregato di comunicarlo scrivendo a:
 


 
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