Alla redazione del "foglio"

Caro Enrico, la tua “dichiarazione di voto” sul foglio n. 278 di febbraio mi spinge a dire la mia sull’argomento, in un momento per me particolare proprio perché dopo tanti
anni di militanza nei movimenti pacifisti ho incominciato da pochi mesi un nuovo impegno all’interno di Rifondazione Comunista.

Sostanzialmente condivido quello che dici di Berlusconi e soci, che però non è solo questione immediata, di queste elezioni, ma questione di portata ben più generale e di lungo termine, di un imbarbarimento della politica e dell’intera società italiana.

E in questo (il proporre il “tutti contro tutti” della competitività esasperata come presunta necessità e l’arricchimento solitario come valore principale e obiettivo di ognuno, il far venire meno – nella testa della gente più e prima che negli atti politici e giuridici concreti – dei principi più elementari di umanità, di giustizia, di certezza del diritto, ecc.) non vedo sostanziali differenze tra polo e ulivo, che anzi per certi aspetti ha fatto da battistrada alle cose più rivoltanti (l’internamento e l’espulsione senza processo degli immigrati è molto peggio dell’introduzione del reato di immigrazione clandestina che chiede la destra e che almeno, per quanto incivile, manterrebbe quel diritto alla difesa e a un processo equo che adesso è sostituito dalla completa discrezionalità delle forze di polizia, ma è solo un esempio, si potrebbe farne tanti altri, dall’esercito professionale alle pensioni).

Contrastare questo richiede un percorso lungo e complesso, sul piano politico, sociale e culturale, che non si può ridurre al momento elettorale “qualsiasi cosa purché non passi Berlusconi”, perché non è questo il problema principale, non è che se vince Berlusconi faccia chissà che cosa (d’altronde il polo già governa città e regioni senza particolari tragedie), il guaio invece è che quei veleni si sono diffusi nella società e la politica (sia polo che ulivo) li rincorre e li alimenta a sua volta.

Così come non capisco il giudizio su Rifondazione: certo, la sua azione è insufficiente e non potrebbe non esserlo, visto il peso limitato e anche i limiti politici e culturali di questo partito.

D’altronde la politica è mediazione e, spesso, ricerca del meno peggio: perché questo dovrebbe valere nel paragonare polo e ulivo e invece non vale per paragonare ulivo e rifondazione, come se a quest’ultima si debba chiedere la perfezione o niente?

Non è certo autoreferenzialità non allearsi con l’ulivo ma, al contrario, vuol dire fare politica basandosi sui contenuti, che è un presupposto, insufficiente ma indispensabile, per riportare i cittadini a vedere la politica come il cercare di risolvere insieme i problemi di tutti e non solo il teatrino dei professionisti nel dire tutto e il contrario di tutto e poi fare quello che gli pare, che è la malattia peggiore della politica (e della società) italiana.

Semmai la critica che faccio a Rifondazione è quella di non aver presentato ovunque propri candidati, cosa evitata proprio per non prestare il fianco alle critiche di facilitare il successo del polo (di fatto le modalità tecniche della non belligeranza sono tali da non far perdere nessun parlamentare all’ulivo).

L’importante però è il ricominciare, anche a livello politico-elettorale, a mettere insieme i pezzi dei movimenti di base per riportare al centro del dibattito politico quei temi, dalla pace all’ambiente, dal lavoro ai rapporti con il sud del mondo, che sono in fondo la politica nel vero senso della parola.

E per fare questo mi sembra proprio che i governi di questi anni e le forze che li sostengono si trovino dall’altra parte della barricata.

Con i più cari saluti.

Fausto Angelini

Torino, 13 marzo 2001.


 
[ Indice] [ Sommario ] [ Archivio ] [ Pagina principale ]