PASTORALE, COSCIENZA, MISERICORDIA |
Divorziati risposati nella Chiesa |
Una sintesi dei lavori del Convegno nazionale su “Il problema dei cristiani divorziati e risposati nella Chiesa cattolica oggi” svoltosi a Milano nel mese scorso. Il resoconto è redatto a cura dei promotori dell’incontro. Si è tenuto sabato 17 marzo a Milano, presso l’auditorium S. Carlo cortesemente messo a disposizione dai Servi di Maria, l’incontro nazionale su «Il problema dei cristiani divorziati e risposati nella Chiesa cattolica oggi» promosso da “Noi Siamo Chiesa” e dal Gruppo Promozione Donna di Milano. Circa 150 i partecipanti, una parte dei quali provenienti da fuori. L’incontro, sia prima che dopo il suo svolgimento, è stato ignorato dalla grande stampa sia laica che cattolica, ed è stato visto con diffidenza dagli ambienti della Curia diocesana di Milano. La relazione di Barbaglio. La relazione di Giuseppe Barbaglio su “L’amore coniugale nel nuovo Testamento” è partita dall’affermazione che le posizioni di Gesù non erano moraliste, non erano fondate su prescrizioni etiche e morali ma erano tutte protese ad affermare il regno di Dio. Così vanno interpretati i passi di Marco (10, 2-12) e di Paolo (Efesini 5, 21). Attraverso un’ approfondita analisi di altri testi del Nuovo Testamento (Galati 5, 13 e I Corinti, 7) Barbaglio ha sottolineato che al centro della relazione coniugale c’è l’agape fondata sulla reciprocità e sul piacere condiviso. «Siamo chiamati da Dio a vivere nella libertà» e se manca la reciprocità fallisce qualsiasi tipo di rapporto. A questo slancio profetico si accompagna nella predicazione di Gesù il realismo. L’unione infatti deve essere nella santità tranne il caso di “porneia” (impudicizia) e se la scelta cristiana non viene condivisa da uno dei coniugi è meglio la separazione: il vincolo non sia un cappio. «Siamo ben lontani – ha concluso Barbaglio – dal moralismo altezzoso della nostra tradizione cattolica». La relazione del teologo Cereti. Giovanni Cereti nella sua relazione “La predicazione della ‘monogamia’ e l’approccio ai casi di fallimento del matrimonio nei primi cinque secoli della Chiesa” si è rifatto alla sua ricerca già pubblicata dalle Edizioni Dehoniane nel ’77 dal titolo “Divorzio, nuove nozze e penitenza nella Chiesa primitiva” (ristampata nel ’99). Lo stimolo ad approfondire queste tematiche sotto il profilo storico venne a Cereti dalla sua esperienza negli anni ’60 di membro del Tribunale ecclesiastico ligure. In questa funzione la constatazione della inadeguatezza della normativa canonica ad affrontare condizioni di sofferenza a partire da una attitudine evangelica di comprensione e di misericordia ha posto a Cereti il problema di sapere con certezza come il problema della crisi della coppia fosse stata affrontato nel corso dei secoli. Le sue conclusioni sono ormai accettate quasi ovunque in sede scientifica dagli storici e dai teologi ma sono ignorate soprattutto in Italia nel complesso del mondo cattolico probabilmente per le difficoltà che esse possono creare a chi deve difendere la posizione ufficiale della Chiesa. La relazione di Cereti ha descritto anzitutto analiticamente la situazione nei primi secoli e l’interpretazione che si dava della “porneia” di cui parla Matteo ( 5, 32 e 19, 9). Nei primi secoli della Chiesa il divorziato veniva riaccolto nella Chiesa dopo un percorso penitenziale e venivano accettate le nuove nozze dalla comunità. In qualche modo la rottura irreversibile del rapporto affettivo tra due coniugi veniva assimilato alla morte di uno dei coniugi che, allora come ora, lasciava libero il coniuge sopravvissuto di risposarsi. È del tutto certo, per testimonianze innumerevoli e incontrovertibili, che questa prassi era comunemente accettata nella Chiesa dei primi secoli. Essa è quella tuttora in vigore in tutta la Chiesa ortodossa. Questa posizione è solennemente confermata nel canone 8 del Concilio di Nicea (325), il più importante concilio della Chiesa allora unita. È nel secondo millennio che la posizione della Chiesa latina è cambiata con il prevalere di uno schema contrattualistico del matrimonio che ha dato vita alla normativa canonistica ed ai tribunali ecclesiastici. Bisogna tornare – ha concluso Cereti – alla prassi della Chiesa primitiva risolvendo in tal modo problemi pastorali gravissimi. A Cereti non pare accettabile la soluzione che si sta diffondendo (ma che non è condivisa dalle posizioni ufficiali) di lasciare al singolo credente risposato la libertà, con una decisione individuale della propria coscienza, di accostarsi all’Eucaristia; si riversa infatti in questo modo sul singolo un problema che dovrebbe essere affrontato dalla comunità. Intervento del pastore Adamo. Il pastore Antonio Adamo della Chiesa valdese di Milano ha ricordato la posizione di Lutero («non si può fare funzionare la macina se manca il grano» ovvero non si può sostenere la permanenza di un vincolo vero se l’amore è completamente scomparso) e da Calvino che accettava il divorzio come soluzione estrema. La discussione su come affrontare la crisi della coppia è sempre presente nella Chiese nate dalla Riforma (particolarmente rigide sono le posizioni delle Chiese cosiddette “fondamentaliste”). Per la Chiesa valdese l’accettazione delle nuove nozze è un segno di solidarietà della comunità dopo un impegnativo percorso pastorale successivo al divorzio, che viene concepito come male grave ma minore. I tribunali ecclesiastici non sembrano al pastore Adamo lo strumento per risolvere i problemi. L’esperienza francese. Giunto appositamente da Parigi era presente Mons. Armand Le Bourgeois, vescovo emerito di Autun (Borgogna), ispiratore dei gruppi presenti in Francia che chiedono una diversa disciplina ecclesiastica del matrimonio. Le Bourgeois, nel suo intervento, ha sostenuto, tra l’altro, il grande valore del matrimonio civile, realtà sulla quale si innesta il Sacramento. Il matrimonio potrebbe farsi in certi casi per fasi: dapprima il matrimonio civile, ed in seguito il matrimonio religioso quando la coppia sia pronta. Non dovrebbe essere concesso il matrimonio religioso a coppie del tutto estranee alla vita della comunità e desiderose solo di avere una bella cerimonia e di rispettare le tradizioni o le convenienze sociali. La soluzione migliore della condizione particolare del cattolico divorziato e risposato per Le Bourgeois dovrebbe essere quella di reintrodurre nella Chiesa (e quindi di accettare all’Eucaristia) la coppia, dopo averle chiesto di affrontare un periodo di preghiera e, se necessario, di penitenza, senza però celebrare nuovamente il matrimonio poiché il significato di questo sacramento è unico. Questa soluzione era già emersa in alcuni interventi al Sinodo dei Vescovi sulla famiglia del 1980. C’è un’altra possibilità: – ha detto Le Bourgeois – quella di lasciare alla decisione della coppia stessa sulla base della propria coscienza di riaccostarsi ai sacramenti. Della rete francese tra cristiani divorziati e risposati ha parlato la coordinatrice Jeannine Martin, ricordando che essa è nata nel ’91 in una parrocchia di Parigi distribuendo inizialmente un manifesto in ogni chiesa di Francia per proporre la formazione di gruppi di accoglienza e di riflessione sugli aspetti teologici, pastorali e pedagogici del problema. I gruppi sono ora 130, coordinati a livello regionale, e dal ’95 esce una pubblicazione trimestrale con mille abbonati; nel novembre ’98 si è tenuto il primo incontro nazionale ed il secondo si terrà il 17-18 novembre a Lione con la previsione di 300 partecipanti. A fine marzo a Montpellier si terrà un incontro di teologia pastorale su “Verso un catecumenato del matrimonio”. Dagli Usa è venuto all’incontro di Milano Charlie Davis portavoce di “Catholics Speak Out” e del “Cor” (Catholics Organisation for Renewal) che è il coordinamento di 25 gruppi che si impegnano per la riforma della Chiesa cattolica. Egli ha esposto le iniziative presenti in Usa in particolare ricordando che in molte di esse vi viene messo in discussione il sistema della dichiarazione di nullità del matrimonio da parte dei tribunali ecclesiastici (invece di prendere atto con meno ipocrisia e maggior spirito evangelico della fine di un rapporto che all’inizio poteva essere fortemente vissuto). Davis ha concordato con la necessità di un network internazionale dei gruppi impegnati su questo problema. Il dibattito. Tra i tanti interventi, importanti sono stati quelli di Ernesto Emanuele e Claudio Cosa promotori dell’Associazione Famiglie Separate Cristiane, con sede centrale a Milano (telefono 026552308) e presente in diverse città. Essi hanno descritto le discriminazioni che i divorziati incontrano ancora in molte situazioni ecclesiali ed hanno informato dei numerosi gruppi di preghiera che sono coordinati dall’associazione in contatto anche con l’Ufficio Famiglia della Cei. Vittorio Bellavite, della segreteria nazionale di “Noi Siamo Chiesa”, ha fatto presente che l’iniziativa di promuovere l’incontro è nata dalla convinzione che sono del tutto insufficienti i tanti discorsi, incontri o documenti sull’accoglienza ai divorziati risposati che in questi tempi sono diffusi un po’ ovunque nel mondo cattolico. Bisogna invece mettere in discussione, come in questo incontro, le fondamenta stesse della posizione ufficiale della Chiesa cattolica rifacendosi a una diversa comprensione dell’Evangelo ed alla storia della Chiesa. È una nuova strada che non potrà non essere percorsa in tempi non molto lontani. La riforma della Chiesa cattolica su questo problema come su molti altri – ha concluso Bellavite – è la premessa per un cammino ecumenico che non sia solo fatto di parole o di buone intenzioni. Padre Benno Malfèr, docente di teologia morale, del convento di Muri-Gries (Bolzano), ha contestato l’interpretazione del canone 915 del Codice di diritto canonico fatta nella “Dichiarazione” del 24 giugno 2000 del “Pontificio Consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi” secondo cui questo canone impedirebbe ai divorziati risposati di ricevere l’Eucaristia. Conclusioni. Nelle conclusioni Teresa Ciccolini, a nome dei promotori dell’incontro, ha preso l’impegno a pubblicare gli atti ed a diffondere subito un testo riassuntivo dei contenuti emersi; ha poi ricordato che nel mondo cattolico bisogna togliere dalla clandestinità i problemi dei cristiani risposati e discuterli liberamente senza alcun confine imposto da una pretesa ortodossia. La Ciccolini ha poi sostenuto la necessità di un coordinamento internazionale dei movimenti che nei diversi paesi si occupano di questo problema ed ha concluso che dipende da tutti la responsabilità dei cambiamenti nella Chiesa che sono anche necessari per un percorso ecumenico credibile e realizzabile. |