GENOVA, LUGLIO: RIUNIONE DEI G8
Non con i militari,
non con chi li imita
Sono molto preoccupata irritata e in dissenso con il tono sempre più accentuatamente militaresco che sta assumendo il movimento contro i G8. Il contrasto con i G8 è eminentemente politico e non militare. È importante capire che bisogna essere contro i G8 persino se prendessero (come non è) decisioni accettabili, in quanto essi sono una espressione illegale del potere: questo è ciò che per prima cosa deve essere chiaro e reso visibile: la delegittimazione di un potere che espropria surroga cancella le sedi decisionali legali e contro il quale perciò non vi è modo di intervenire attraverso le normali vie dell’opposizione, documenti, emendamenti, voto contrario.

Chi sono infatti i G8? Un club privato di stati, autonominatisi, nei confronti del quale non vi è modo di far valere una qualsiasi opinione in contrario: un messaggero o una delegazione del movimento contrario bussa alla porta e un qualsiasi maggiordomo in carica (che può anche essere il ministro dell’ambiente o simili) ti chiude la porta in faccia dicendoti: non sei stato invitato, tornatene a casa. Sono i modi dei cosiddetti poteri forti. Ora il potere non ha da essere forte, ha da essere legale: se no si chiama non potere bensì prepotenza, non potere bensì dominio. La prima cosa da far capire è questa e deve essere chiara a grande parte della popolazione, per poter delegittimare una tale usurpazione.

A questo punto mi sembra di poter rivolgere agli uomini un caldo appello perché finalmente vadano oltre il loro triste monotono insopportabile simbolico di guerra, che trasforma tutto in militare: l’amore diventa conquista, la scuola caserma, l’ospedale guardia e reparti, la politica tattica strategia e schieramento. In questo modo non si va oltre lo scontro fisico in uniforme ed è chiaro che la parte non bellicosa della popolazione non partecipa, il movimento diventa sempre più militarizzato, e si va incontro a un sicuro insuccesso: i poteri forti si rafforzano sulla nostra stupidità.

Nella storia dei movimenti di lotta vi sono altre forme: il movimento sindacale e operaio elaborò e usa nella sua lunga vicenda tutte le forme dell’azione nonviolenta (che è cosa diversa dalla nonviolenza pura) con assemblee petizioni scioperi manifestazioni pacifiche, picchetti e infine sabotaggi; il movimento femminista fin dai tempi delle suffragiste ha trovato altri strumenti ancora per mostrare dissenso e contrasto e agire il conflitto: manifestazioni, grafica, sit-in, musica, resistenza passiva, training autogeno, danza, sarcasmo, canti, visibilità dei corpi nella loro varietà inerme, tutto il molteplice possibile, niente di uniforme o in uniforme. Nessuna polizia può aggredire un sit-in di ventimila persone, la polizia è in grado di respingere e fare del male a gruppi di avanguardie militarizzate ma scarse e di rinforzare con ciò la paura e il senso di insicurezza della popolazione.

Credo che le circa 100 organizzazioni autonome di donne che compongono il vasto orizzonte del movimento delle donne, e che per il 15 e 16 giugno stanno organizzando a Genova come Marcia Mondiale delle donne due giorni di forte mobilitazione e dibattito contro l’orrore economico, politico e culturale della globalizzazione, prenderanno definitivamente le distanze da questo modo e costruiranno la loro maniera di protestare e di delegittimare i G8 nella forma e nei contenuti. Se altri pezzi del movimento contro i G8 non vogliono soccombere alla stupidità eroica si mettano in comunicazione con noi e alla pari (non vogliamo comandare è cosa militare, non raccogliamo adesioni subalterne: ci piace la parità) pattuiremo una convenzione tra tutti e tutte quelle che vogliono poter fare politica e non esercitazioni militari; che vogliono avere un futuro di azione, presenza, mutamento, non di dispiaceri e nostalgie.

Lidia Menapace


 
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