MONDO JUVE |
Sport e potere politico di periferia |
Tra le tante motivazioni che giustificano la netta opposizione all’insediamento del centro commerciale “Mondo Juve” nell’area degli ippodromi di Torino manca, a nostro giudizio, quella forse più importante, anche se impopolare, cioè quella dell’anti-sportività dell’operazione. Sono state sollevate osservazioni di carattere ambientale. È fuori da qualsiasi dubbio che una struttura commerciale di 60.000 mq comporti un notevole impatto ambientale su un’area, lo si voglia o no a vocazione “verde”, anche con il solo traffico che viene indotto. Dal punto di vista architettonico ci pare poi un vero schiaffo alla storia la costruzione di un manufatto destinato al grande commercio a ridosso di quel gioiello barocco che è rappresentato dalla Palazzina di Caccia di Stupinigi. Ma la sensibilità artistica degli amministratori è, purtroppo, quella che è. L’insediamento è stato valutato negativamente anche per l’aspetto commerciale. Da qui la giusta dura protesta delle associazioni dei commercianti. Per un esame di questo aspetto, meno di parte e più culturale, rimando il lettore al puntuale articolo di Philippe Bovet “Ipermercato, Iperconsumo – Il carrello dello spreco” in Le Monde Diplomatique - il manifesto del 2 marzo 2001. Diverse quindi le voci di giustificato dissenso contro la compromissione di un così vasto territorio per una operazione che, se realizzata, è destinata a restare nel tempo come peso sul vivere locale e non solo. A noi qui interessa affrontare, o per lo meno porre, la questione sportiva. A indirizzarci a tale analisi sono stati i punti 3) e 4) del paragrafo 7, della Bozza del Dispositivo Articolato del Protocollo d’Intesa recentemente sottoscritto dalle Amministrazioni di Vinovo e Nichelino e la Juventus F.C. SpA. Al punto 3) la società calcistica si impegna «ad acquistare [...] il diritto alle prestazioni di giovani calciatori (under 14 anni) [...]», mentre al punto 4) «a far partecipare tecnici e allenatori [...] a stage di preparazione fisica, assistenza sanitaria e recupero infortunati [...]». Chi si oppone a “Mondo Juve” dichiara che non avrebbe nulla in contrario se l’insediamento fosse esclusivamente sportivo. Lo accetterebbero anche gli ambientalisti che però sono consapevoli di assecondare, comunque e purtroppo, la “mercificazione” dello sport. Ed è questo il punto su cui riflettere. Occorre prendere atto che lo sport oggi non è più il legittimo primeggiare ma il commercializzare qualsiasi cosa abbia riferimento ad una qualunque attività sportiva. Noi non siamo di certo contrari agli spazi destinati allo sport. Anzi. Ma non ci si può dimenticare che è l’attuale uso dello sport che lo ha reso quel fenomeno di massa tanto discusso e discutibile. Non è il calcio in sé responsabile del doping o dell’uso improprio della medicina per migliorare le prestazioni atletiche, né del comportamento delinquenziale dei tifosi né, ancora della nuova forma di idolatria che si è creata verso i calciatori e/o le società. È il continuo, ossessionante comportamento degli addetti ai lavori che vivono come zecche sullo sterco sull’avvenimento sportivo. Giornalisti (?) per primi. Basta assistere alle innumerevoli trasmissioni televisive che sotto forma di dibattito, più o meno concordato, sono, anche per un pubblico solo mediamente acculturato, squallide rappresentazioni di personaggi in cerca di denaro e immagine non importa quale. Esattamente come quei politici di bassa lega, che rincorrono il potere, il proprio potere, calpestando gli interessi della collettività. Non sono di certo riprovevoli i quattro calci al pallone e nemmeno la voglia di primeggiare. Ciò che è inaccettabile moralmente, prima ancora che culturalmente, è lo sfruttamento del corpo a fini commerciali. È lo stesso discorso che ci vede contrari alla legalizzazione della prostituzione. Non conosciamo quale sia la risposta delle piccole società di calcio che di fatto vivono di quasi volontariato. Parlando con i responsabili di squadre, per lo più di paese, ci si rende conto come i soldi a loro disposizione per tirare avanti siano davvero pochi e, di fatto, vivono di volontariato. Sarebbe interessante conoscere il loro parere sulla prospettiva che una grande squadra possa avvalersi di loro per l’approvvigionamento di giocatori del settore giovanile. Prevarrebbe in loro lo spirito amichevole di società sportiva o la logica del mercato? Abbiamo preso spunto da “Mondo Juve” per parlare del mercato dello sport. Forse sbagliamo nell’ostinarci a riproporre il gioco come momento ludico della nostra vita. Spesso ci accusano di sguazzare nella palude della bassa politica con piccoli interessi da cortile. No, noi non abbiamo rimpianti per il cortile, spesso luogo di infinite dispute tra vicini, dispute come quelle di oggi tra politici di carriera. Vorremmo si potesse ritornare nella strada, la strada che deve essere di tutti e che porta a casa nostra e degli altri. Forse siamo un po’ démodés: non riusciamo a pensare grandi opere inutili dove tutto è denaro e immagine. Per questo non diventeremo mai uomini di governo. Delfino Maria Rosso Torino, aprile 2001. |