SCELTE |
Credo la chiesa fallibile |
Ho scelto di far parte della chiesa valdese. Il motivo? Non voglio essere fornito di alibi umani per giustificare il mio stato di peccatore.Purtroppo fanno parte integrante del bagaglio culturale della chiesa cattolica la sua costituzione gerarchica, l’attaccamento intoccabile alla tradizione, tutto il suo apparato sacramentale, ritualistico e dogmatico, il culto dei santi e di Maria, un’etica a tratti legalistica, talvolta la tendenza ad enfatizzare i propri meriti e il rischio di sostituire la Parola di Dio con quella del papa. Ora più che mai, nell’epoca del telewojtylismo, questo aspetto deteriore viene esibito di fronte al mondo che è perciò portato ad identificarlo col messaggio evangelico.
Sia chiaro: io non pretendo di essere “più buono” di Wojtyla e dei suoi discepoli. Anzi, mi sento partecipe dello stesso peccato. Anch’io voglio dominare sugli altri, anch’io cedo ogni giorno al fascino della gloria e del potere, piccolo o grande che sia. Anch’io vorrei che qualche uomo decidesse al mio posto, vorrei santi che mi proteggessero, miracoli strepitosi e riti rassicuranti, vorrei, insomma, una religione a mio uso e consumo. L’arroganza dei gerarchi cattolici è l’arroganza di tutti noi, è la pretesa di rimuovere il peccato dalla nostra coscienza e dalla nostra immagine e di vantarci dei nostri meriti nel nostro intimo, di fronte al mondo e di fronte a Dio. Che cosa dunque mi allontana dalla struttura della chiesa cattolica? Proprio il senso del peccato. Il peccato è peccato, non qualcosa che ho il dovere di chiamare buono, santo, sacro. Se chiedo a Dio di liberarmi dalla sete di potere che è in me, non posso accettare che la struttura di potere della chiesa cattolica sia voluta da Dio. La Parola di Dio è la follia e lo scandalo della Croce. Tale Parola, che ci fa insieme empi e perdonati, non ci viene da noi stessi. Anzi da noi stessi ci viene un’altra insidia, la tentazione del pubblicano che si fa fariseo e osa vantarsi... della propria umiltà: “Ti ringrazio, Signore, che non sono come i cattolici, neppure come quel papa. Leggo la Bibbia, credo nella giustificazione per fede e mi batto il petto!”. Non si tratta perciò di passare dalla chiesa impura a quella pura: sarebbe una tragicomica ricaduta nello stesso peccato. Il protestantesimo che credo di poter condividere è quello descritto dal teologo valdese Miegge: "così privo di grandezza umana, così inquieto, pronto a ripiegarsi su se stesso, a riesaminarsi, a riconoscersi in fallimento di fronte alla sua perenne ricerca del “puro Evangelo”", un cristianesimo che venga incontro all’uomo moderno non con una “risposta a tutti i problemi, a tutte le obiezioni, a tutte le difficoltà che potranno sorgere in ogni tempo”. L’uomo moderno “ha bisogno di un cristianesimo che scenda con lui nella sua indigenza, che accetti di cercare con lui la soluzione dei suoi problemi” (Miegge, Scritti pastorali, Claudiana 1997, pp.169-170). Le meditazioni bibliche e le esperienze degli ultimi anni mi hanno portato ad avvicinarmi alla tradizione vivente del protestantesimo che, come dice il pastore valdese Girardet, “ha conservato la sua capacità di ricominciare, perché non pone se stesso come fine, ma sempre, di nuovo, come strumento...Si tratta di prendere di nuovo in mano la Riforma della chiesa. Prenderla dai “riformati”, se è utile; prenderla al di là e meglio dei “riformati”...Nella vita e nella struttura delle loro chiese i protestanti non ritengono di aver raggiunto mete definitive o posizioni indiscutibili: è sempre possibile un richiamo, anche da parte di un singolo, alla fedeltà, alla volontà di Dio come si è espressa nella Bibbia. Questo significa che esiste un principio di autocritica permanente, una verifica continua del proprio modo di essere chiesa” (Girardet, Protestanti perché, Claudiana 1996, pp.80, 84, 88). E perché la chiesa valdese? Non solo per una lunga frequentazione e partecipazione ed una lunghissima esperienza di amicizia. Mi commuove intimamente il fatto che questa piccola chiesa raccolga con devoto ed umile rispetto alieno da ogni mitizzazione l’eredità di coloro che ottocento anni fa così venivano descritti dai loro persecutori: “Furono derisi da tutti perché non erano guidati da nessuno e pretendevano di diventare delle guide... non hanno mai fissa dimora, se ne vanno a due a due a piedi nudi, con una veste di lana; non possiedono nulla; hanno ogni cosa in comune sull’esempio degli apostoli, seguendo nudi il Cristo nudo” (Tourn, I Valdesi, Claudiana 1999, p.22). Come fa notare Miegge, ci sono state due Riforme: quella senza aggettivi e quella medioevale, complesso di tendenze e di movimenti “di cui i valdesi sono forse - diciamo il “forse” della modestia - l’esempio più genuino...Noi siamo, come valdesi, gli eredi delle due Riforme, che nel secolo XVI si incontrarono senza intendersi, e si scontrarono tragicamente. Non vi è nessuna ragione che la nostra fedeltà alla chiesa valdese post-Chanforan (Chanforan = dove nel 1532 il Sinodo valdese aderì al movimento della Riforma, ndr) ci faccia dimenticare il movimento valdese pre-Chanforan. Vi sono forse nella Riforma medioevale dei motivi capaci di una risonanza più viva, nel momento storico in cui viviamo, del tema, per quanto necessario e altissimo, della giustificazione per fede; vi è un dinamismo, soprattutto, che dovrebbe essere ritrovato” (Miegge, Scritti teologici, Claudiana 1977, pp.134-136). E ora? Per fortuna i valdesi, non perché migliori, ma perché la loro storia li ha preservati dalla tentazione del trionfalismo, continuano ad essere un “piccolo gregge”.Con moltissimi difetti: ma non li nascondono, nè tanto meno li santificano. Entrando nella chiesa valdese, diventerò io un anticattolico? Al contrario, spero di essere più sereno, più equilibrato, meno polemico, meno rancoroso nei confronti dei cattolici. Anche se il mio punto di riferimento sarà il culto valdese (come già negli ultimi anni), parteciperò anche volentieri alle messe cattoliche in cui verrà predicata la Buona Novella di Gesù. La chiesa di Gesù è insieme universale (cattolica) e pluralista: diverse scelte sono possibili, salvo quella della presuntuosa intolleranza. Mi sentirò dunque sempre in comunione con quei numerosissimi cattolici che sono rimasti obbedienti allo Spirito che soffiava al tempo del Concilio Vaticano II, Spirito Creatore, Libero, Profetico e Consolatore di cui Wojtyla sembra avere paura. Come afferma Miegge, “vi è una “comunione degli eletti”, un popolo di credenti che Dio solo conosce con sicurezza, e che abita, come in una dimora provvisoria, nelle varie chiese storiche, senza potersi identificare completamente con esse. Lo Spirito soffia dove vuole, e dovunque soffia suscita credenti; e i veri credenti, anche se differiscono in molte cose importanti, finiscono sempre per trovarsi in comunione nel loro più profondo amore e nella meta suprema, verso la quale vanno peregrinando per vie diverse, ma convergenti” (Miegge, Scritti pastorali, Claudiana 1997, p.237). Dario Oitana Caro Dario, io rimango personalmente dell’idea che non merita cambiare chiesa, quanto cambiare tutte le chiese verso il Signore e il suo vangelo, e lavorare per una “chiesa di chiese”, liberamente diverse nel grande spazio del popolo di Dio. Ma rispetto ed anche ammiro la tua decisione. Ammiro anche il carattere del tuo gesto, di “non rottura” con la chiesa cattolica, carattere che ho visto anche in altri casi simili, ed è assai significativo di una nuova pace nella libertà. Ti dirò, un po’ scherzando, che da sempre desideravo un protestante in redazione del foglio, e adesso finalmente lo abbiamo. Ti vorrei anche chiedere, per quanto ti è possibile, di fare da ponte ecumenico, con le tue relazioni personali, tra i cattolici e i valdesi. Il cammino verso una chiesa più grande di spirito e più libera dalle offese reciproche del passato; anzi la crescita di quella chiesa ecumenica che – ha detto Paolo Ricca dopo Graz – già esiste, mi sembra un lavoro da fare tutti insieme. Ora sei uno in più dei tanti amici fraterni che abbiamo fra i valdesi. Anch’io, come altri, pur partecipando normalmente ad una comunità cattolica, prendo parte, all’occasione, non solo al culto valdese o battista, ma anche alla Santa Cena. Una volta che ho raccontato questo in una grande riunione ecumenica, un bravo vescovo presente, molto noto per il suo spirito, ha commentato pubblicamente: «Transustanziato o no, questo lo saprà Lui». Infatti. Enrico Peyretti |