(IN)GIUSTIZIA
Ritornano i salvacondotti ?
Sembra proprio di sì: all’alba del nuovo millennio, o forse, e meglio, al tramonto del famigerato millennio scorso, la civiltà giuridica italiana registra il ritorno inopinato e sorprendente, per decisione del supremo giudice di legittimità, organo cui è devoluta anche, come è noto a tutti da tempo, la funzione nomofilattica nell’ordinamento, di un istituto di cui davvero si erano perse le tracce e non si sentiva la mancanza.

Sia pure ai fini limitati - per ora, almeno speriamo - di applicazione delle pene accessorie previste dal nostro codice penale e da una serie di leggi speciali, la Cassazione ha statuito, e sul caso ha detto la parola ultima e definitiva, che il condono di cui al Dpr n.394/89, concesso, anche per le pene accessorie, per i reati commessi entro il 24 ottobre 1989, si applica anche a condotte tenute dal 25-10-89 al... 1994 ed in avanti ancora.

La sentenza è del 10-7-2000, depositata il 4-8-2000, emessa dalla sez. III penale della Corte di cassazione, presidente Papadia, relatore Grassi, P.M. (non indicato) conforme, ricorrente Dell’Utri, come si legge nelle riviste di giurisprudenza (per chi lo voglia leggibile, con adeguato commento critico di D. Carcano, in «Cassazione penale» 2001, fasc. 2, pagg. 495 e ss., m. 211) va segnalata anche ai profani, che ne possono agevolmente cogliere la portata innovativa e, secondo i gusti di ognuno, condividere, o meno, la logica adottata.

Si resta sbalorditi: con la logica comune del villano che assegna ancora alla lettera della legge - sul punto chiara ed univoca - il significato che le è proprio, sembrerebbe doveroso che per quanto si commetta dopo la data indicata dal decreto le pene (principali ed accessorie) non possono essere condonate. Ed in tal senso si erano espressi i giudici della Corte d’Appello di Torino nel trattare il caso che presentiamo, secondo una linea risalente e logica, oltre che rispondente alla legge.

Ma - attenzione - la scienza giuridica, la fantasia e l’acume dei giudici, anche di vertice e di legittimità, come la Cassazione, ha le sue risorse e la interpretazione di chi, mosso da mero anelito di giustizia e ispirato ai principi costituzionali di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e da quanto detta l’art. 79 c.2della Costituzione (ancora in vigore...) con specifico riferimento alla amnistia e all’indulto, voglia assicurare il rispetto della legge sa trovare, se del caso, il modo di dotare il decreto di concessione dell’indulto di fantastica ultrattività.

Basta poco: basta, come affermato dalla Corte suprema nel caso di specie, che il reo abbia iniziato a commettere il reato, magari per una frazione assolutamente minoritaria in termini cronologici e sostanziali, anteriormente al 24-10-89.

Dopo di che può proseguire tranquillo, con l’unica avvertenza di essere mosso dall’unico disegno criminoso: scatta la figura del reato continuato. Può continuare a delinquere per anni (e perché fermarsi al 1994? anche oltre, non poniamo limiti alla provvidenza della Corte), tanto, almeno per le pene accessorie, non sarà più passibile di nulla e, usque ad mortem, nulla dovrà più temere.

È fantastico: il diritto anticipa e concretizza, senza difficoltà, le più ardite scoperte della moderna genetica, in barba ad ogni comitato o authority della bioetica e, al contempo, rivaluta e resuscita uno degli istituti dei secoli bui (ma forse lo erano un po’ meno del nostro e attuale...) di cui avevamo, da piccoli, sentito parlare nelle storie di Robin Hood e dei suoi compari, che agivano nella foresta di Shervood contro i prepotenti dell’epoca.

Tutti si chiarisce con la lettura del nome del ricorrente e dei suoi travagli dolorosi in caso 
di mancata applicazione integrale del condono.

Si tratta del noto Marcello Dell’Utri, parlamentare di Forza Italia, condannato in via definitiva per reati fiscali commessi dal 1988 al 1994 alla pena (patteggiata in Cassazione, dopo una condanna ad anni 3, mesi 2 e giorni 25 di reclusione, in appello) di anni 2 e mesi 3 di reclusione con la pena accessoria della interdizione temporanea dei pubblici uffici, fra cui rientrano anche, notoriamente, gli uffici di parlamentare.

Non se ne parla, il Dell’Utri sarà pure un incallito evasore fiscale avendo commesso i reati di cui sopra in arco di circa 6 anni, quasi cinque dei quali successivi alla data del 24-10-89, ma può e deve rimanere nella sua carica pubblica avendo ideato ante 24-10-89 il disegno criminoso che poi ha così bene e a lungo attuato in materia fiscale.

È la continuazione nel reato, babies! Non c’è nulla da fare.

Ragazzini fatevi in là e lasciateci lavorare, voi non capite niente di diritto, di logica elementare, di Costituzione e quanto altro: per questo c’è, a Roma, chi ci pensa, rimediando agli errori e alle ingiustizie dei giudici di merito.

Giustizia è fatta. Il vulnus recato all’ordinamento penale è sanato.

Dai banchi del Parlamento il Dell’Utri può contribuire all’opera di legificazione che ci illumini nei radiosi anni che ci attendono.Magari anche nel settore delicato, che ben conosce, della fiscalità.

Franco Giordana
Presidente di Sezione del Tribunale di Torino

[ Indice ] [ Sommario ] [ Archivio ] [ Pagina principale ]