L'Incontro e la risposta

Secondo me la religione è la risposta di una comunità all’incontro con lo Spirito di Dio. Questo è sempre un incontro felice, perché lo Spirito di Dio è Amore che supera le nostre miserie, le nostre angosce, il nostro lato oscuro e violento.

Ci dona forza, coraggio, speranza, capacità di affrontare finalmente la vita con le sue difficoltà e durezze, con la sua fine per noi assurda e dolorosa. Perciò questo incontro suscita una grande energia ed una risposta che impronta di sé tutta la vita della comunità.

Questa risposta è quello che noi chiamiamo religione e unisce insieme spiegazioni sulla nascita dell’universo e dell’uomo, il loro scopo, regole di vita individuali e sociali, modi per continuare il dialogo con Dio, strutture organizzative e poteri per regolare la vita della comunità.

In questa risposta la comunità mette tutta sé stessa, tutto il suo spirito.

Tutto questo è bello, grande, vitale ma, proprio per questo, contiene un pericolo: per lo splendore e la forza della vita che sgorga abbondante da quest’incontro, la comunità può essere tentata di pensare alla sua risposta come a quella definitiva, vera, più completa, può credere di conoscere la vera “essenza” di Dio, di poterlo “catturare” col suo culto.

Tentare di vivere completamente la propria vocazione è giusto, pretendere di far coincidere il proprio spirito con quello di Dio è presuntuoso e sbagliato, come se una goccia pretendesse di essere l’oceano, un atomo di idrogeno l’universo, come se un bimbo volesse essere i suoi genitori.

Si confonde la chiamata con la risposta, lo Spirito di Dio con una cultura particolare, si passa dalla religione vissuta come gioia di un incontro e di una condivisione ad una vissuta come 
affermazione di sé, prevaricazione, potere.

Il cristianesimo è più esposto di altre religioni a questa tentazione, e mentre Gesù l’ha respinta, molte volte i suoi discepoli hanno ceduto ed anche noi spesso sbagliamo.

Secondo me, le due forme di cristianesimo sono sempre esistite e sempre esisteranno perché la divisione passa nel cuore di ciascuno di noi ed è impossibile separare in noi il bene dal male (anche questa è una pericolosa illusione alimentata dalla religione come potere).

A noi è solo possibile scegliere volta per volta, nei nostri rapporti con gli altri, quale compor-
tamento tenere, e questo lo possiamo fare anche se intorno avessimo la forma di cristianesimo 
più compromessa.

Il cristianesimo oggi.

Tuttavia credo che oggi i cattolici più sensibili e coscienti vivano con profondo disagio l’appartenenza alla propria chiesa per due motivi:

1) C’è una profonda contraddizione nel fare parte di una Chiesa cattolica che non è universale e che, con tutta evidenza, non potrà mai diventarlo; è una parte dell’umanità, però si comporta, parla, ragiona come se ne fosse la totalità.
Da qui tutte le contraddizioni, le difficoltà, i limiti e anche le ipocrisie del dialogo ecumenico.
La chiesa cattolica si confronta, si mostra aperta, cerca ciò che può unire, chiede perdono per i propri peccati verso gli altri cristiani e verso le altre religioni ma, quando si arriva alla stretta finale, non riesce a proporre altro che il ritorno nel suo seno o la conversione.
In ciò le posizioni di Ratzinger e del papa non sono che le due facce della stessa contraddizione.

2) La chiesa cattolica ha una struttura modellata sui grandi imperi teocratici, e si pensa come mediazione necessaria tra il popolo e lo Spirito di Dio, e questo contrasta con la coscienza che abbiamo oggi in Occidente dell’individuo, della sua dignità, della sua libertà, e con la nostra sensibilità laica e democratica.
Questo nostro modo di essere ha i suoi lati negativi e i suoi eccessi, ma è anche grazie a questa coscienza che noi possiamo comprendere meglio l’esperienza dei primi cristiani che, secondo quanto ci riferiscono gli Atti, con stupore e grande gioia si accorgevano che lo Spirito di Dio non era più riservato, come avvenuto fino a quel momento, solo ai patriarchi, ai profeti e ai grandi 
sacerdoti, ma si donava liberamente a tutti, uomini e donne, giovani e vecchi e perfino agli schiavi e ai non ebrei.

È chiaro che questo ha portato successivamente ad abusi e confusioni, e quindi alla necessità di istituire autorità di controllo e sorveglianza, però solo come servizio, senza pretendere di riportare la situazione a prima della Pentecoste.

In conclusione penso questo:
– Il cristianesimo cattolico è uno dei moltissimi modi che abbiamo per vivere l’incontro personale con lo Spirito di Dio.
– Nel corso dei secoli ha commesso molti gravi errori e sicuramente ne farà degli altri, ma è ancora vitale e in grado di aiutarci a rispondere alle sfide del nostro tempo.
– Le strutture e la dottrina della chiesa-istituzione sono molto vecchie, inadeguate e in alcuni casi compromesse, ma oggi credo non sia più necessario fare scismi, lottare per imporre riforme, 
logorarsi in contrapposizioni ideologiche per essere liberi di fare le scelte che ci sembrano 
giuste e vivere seguendo quello che la coscienza ci suggerisce.

Sempre pronti a confrontarci senza prevenzioni ideologiche con tutti, pronti anche ad ammettere e correggere i nostri errori e le nostre mancanze quando gli altri ce li fanno rilevare (e questo, per fortuna, non manca mai di accadere).

Traduco così per noi la risposta che, secondo Giovanni, Gesù ha dato alla samaritana che gli chiedeva quale fosse il vero ebraismo, quello samaritano o quello giudaico: «Se un tempo queste divisioni avevano senso, da ora non l’avranno più perché Dio è Amore ed è venuto il momento 
in cui chi lo vuole adorare deve dimostrarlo con l’amore con cui si impegna a vivere».

Angelo Papuzza
 


 
 
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