Quello che i giornali non raccontano
Venerdì 20 luglio, ore 14.30 circa, Genova, piazza Manin. Il variopinto corteo dei pacifisti si sta muovendo da piazza Manin, in clima di grande festa e gioia, per andare ad assediare la zona rossa. Giunti di fronte alla rete si ottiene dall’ufficiale di polizia un permesso per poter stazionare lì. Dopo un breve comizio di Franca Rame e di don Gallo, inizia la processione autorizzata di manifestanti che in fila per uno (stile forche caudine) possono avvicinarsi alla rete di recinzione della zona rossa e lì appendere cartelli e striscioni. Ad un certo punto il gruppo dei pink, un migliaia di pacifici manifestanti, fino a quel momento all’interno del corteo più ampio dei pacifisti, contrattano con gli organizzatori di poter oltrepassare il corteo pacifico che assedia la zona 
rossa. Appena svoltato l’angolo questo gruppo di manifestanti pink, che si muovono al ritmo di samba, scalzi, vestiti da carnevale, a cui – per la simpatia suscitata fra i presenti – si uniscono spontaneamente altre centinaia di persone, si concentrano su un altro varco della zona rossa in piazza Marsala, dove due (2!) ragazze si arrampicano sulla rete della zona rossa con due corde improvvisato tipo cinture di sicurezza automobilistiche e, pur essendo sottoposte al fortissimo getto degli idranti (acqua e peperoncino), riescono a resistere arrampicate alla rete quel tanto sufficiente per attaccare i ganci alla rete. Questo permette a chi sotto tiene l’altro capo della corda, di poter iniziare a tirare, sperando così di aprire varchi alla zona rossa... Ovviamente l’azione è stata simbolica, non ci sarebbe voluto un esperto militare e di guerriglia urbana per comprendere che questa gente non solo non avrebbe potuto minimamente impensierire la zona rossa, ma neanche scalfirla. La reazione della polizia è scomposta e spropositata: oltre agli idranti, lancio fitto di lacrimogeni e carica dei celerini sui manifestanti pacifici.
È a quel punto che un ragazzo e una ragazza apparsi dal nulla si frappongono con le mani alzate fra polizia e manifestanti contribuendo a rasserenare gli animi. Ormai piazza Marsala è abitata solo da poliziotti in assetto antisommossa e da una fitta coltre dovuta al precedente e sciocco lancio di lacrimogeni (urticanti). Un gruppo di una quindicina di persone si muove in mezzo alla “nebbia” e rientra in piazza Marsala, dove incurante del megafono che aveva gracchiato l’annuncio regolamentare (caso forse unico nelle tre giornate genovesi): «Sgombrate la piazza», avanza a mani alzate, per andarsi a stabilire a pochi metri dai poliziotti che chiudevano la via di accesso superiore (via Palestro), in assetto antisommossa e con la tensione alle stelle. Dopo di loro altre centinaia di manifestanti li seguono increduli e vengono invitati dall’avanguardia a fare come loro: seduti, per terra o in ginocchio, con le mani alzate... e succede il miracolo: piazza Marsala è ”, con migliaia di persone. La tensione va di minuto in minuto smorzandosi e i poliziotti, uno dopo l’altro, come i manifestanti sotto il sole a picco, decidono di accettare l’invito dei manifestanti che li invitavano a togliersi la maschera antigas. La fiducia di uno ha un effetto domino sugli altri. Un poliziotto senza aver ricevuto ordini da superiori, procede di sua spontanea iniziativa a liberarsi progressivamente di casco, maschera, scudo, guanti... e così lo seguono, uno dopo l’altro, i colleghi. Nel giro di mezz’ora la piazza è “presa”, fra l’incredulità più generale. Alcuni manifestanti si intrattengono con poliziotti, altri parlano riuniti in assemblea, sembra un grande festa, il clima di piazza Manin è stato trasferito proprio ai margini della zona rossa, in piazza Marsala. Poco dopo arriva, da manifestanti, la notizia che sarebbero arrivati i black bloc nella piazza; increduli i manifestanti ricevono dai poliziotti la conferma della notizia, e invitano i manifestanti pacifici a lasciare la piazza. L’avanguardia del gruppo che aveva preso la piazza a mani alzate, decide di andare incontro ai block... ma questa è un’altra storia.

Un passante
 


 
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