LA VERITÀ AL POTERE
Giunta al potere la Verità può mentire

Con Platone ci prova prima ancora di arrivarci.

Lo fa nel libro terzo e quinto de «La Repubblica», l’opera che delinea i tratti della città ideale.

Deve ridurre l’individualità dei cittadini delle prime due classi a parti dello Stato, dissolvere la loro singolarità nella funzione che devono svolgere nella città. Dopo aver loro tolto famiglia e proprietà privata per integrarli nella grande famiglia dello Stato, deve far loro apparire la nuova condizione come naturale e voluta dagli dei.

Ma nel libro settimo, con il mito della caverna, si consuma la tragedia del filosofo che per guarire la città torna inerme nella caverna e viene messo a morte da coloro che tenta di avviare al Bene. 

Per arrivare al cospetto della Verità e del Bene il filosofo deve uscire dalla caverna e liberarsi del potere che ad essa ci lega. Deve alleggerirsi fino a diventare occhio contemplante.

Ma tornato nella caverna deve riavvicinarsi al potere.

Potere e Verità assoluta sono incompatibili: l’arte della mediazione, del fare ponti e del trovare vie d’uscita, disturba continuamente la purezza della Verità e la purezza della Verità paralizza l’arte della mediazione. O potere corrotto dalla Verità o Verità corrotta dal potere.

Ogni tentativo di introdurre il trascendente nella storia non può che fallire. Non si può uscire dalla caverna della storia.

Ma il fallimento del filosofo platonico non significa che non esista un fuori: significa che è trascendente. Possiamo sì provare a guardarlo, ma dal di dentro.

Per non fare la fine del filosofo platonico, Mosè ha distrutto le tavole scritte dal dito di Dio.

Giuseppe Bailone


 
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