RACCONTO
Il mistero delle spine
Quando tutti lo abbandonarono e si accanirono su di lui, anche le spine poterono vendicarsi. Ricordavano che aveva parlato di loro per dire che, crescendo, soffocano il buon seme, e che da loro non si coglie certo uva, ma nulla di buono. Ricordavano anche che, tanto tempo prima, una voce dell’amore innamorato le aveva disprezzate cantando: «Un giglio tra le spine è l’amica mia tra le ragazze». 

Allora, venuta l’occasione, si resero disponibili alla soldataglia accanita, e subito quelli le intrecciarono – che onore! – ne fecero una corona – finalmente ci riconoscono una funzione! – e la imposero sulla testa dell’uomo condannato. Questi la portò, insieme al manto di porpora sulla carne flagellata, doppio sarcasmo regale, e fu mostrato dall’autorità alla folla inferocita come l’uomo per antonomasia, il residuo di umanità in quella scena di condanna, cioè di inferno. Non sapeva il governatore vigliacco che stava profetando.

Le spine, finalmente in alto, su quel capo, si esibivano alla vista di tutti, in forma di corona. Altro che soffocare oscuramente il seme buono! Qui straziavano la fronte luminosa. Lui le aveva dileggiate perché non se ne può spremere uva: ora spremevano da quel capo uva di sangue, dopo il flagello e prima dei chiodi, promosse a livello di armi del potere. Non sapevano quanto quell’uva, tratta anche dalle spine – ecco la loro nuova fecondità – fermentata dal tempo, avrebbe nutrito e inebriato gli umani. Non sapevano ancora, le spine, che i seguaci tardivi di quel condannato le avrebbero per sempre raffigurate, all’entrata dei villaggi e sui colli dei loro santuari, tra gli altri strumenti, quasi sacri, di quella tortura, corona di quel regnante nel dolore e nel disprezzo. 

Anch’esse, le spine regali, furono innalzate sul monte, nel più alto del patibolo, sopra la testa di lui: ascoltarono tutta la sua agonia, e quando con un grido piegò il capo, caddero a terra, come tutte le corone, e ferirono anche la terra, già tremante di orrore. Nessuno più vi badò. Erano soltanto spine. Però avevano dato il loro frutto.

Tanto tempo dopo, uno dei suoi tardi discepoli, che lui aveva convocato a gran voce, con un lampo accecante, riconosceva come una grazia per non insuperbire la spina che continuamente lo schiaffeggiava nella carne. Continuava il mistero delle spine.

Luca Sassetti

(Matteo 13, 7; 7, 16; Luca 6, 44; Cantico 2, 2; Matteo 27, 29; Giovanni 19, 2; Marco 15, 17; Giovanni 19,5; 2 Corinti 12,7).
 


 
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