1 GENNAIO |
Senza perdono non c’è pace |
Questo tema della Giornata della pace 2002 ci richiama il libro di Desmond Tutu, già vescovo anglicano di Città del Capo, sulla Commissione sudafricana per la verità e la riconciliazione (Truth and Reconciliation Commission, TRC), Non c’è futuro senza perdono, Feltrinelli 2001, dal quale traiamo alcune citazioni, utili a intendere, meditare e vivere quell’impegno di pace. «Fare giustizia significa innanzitutto risanare le ferite, correggere gli squilibri, ricucire le fratture dei rapporti, cercare di riabilitare tanto le vittime quanto i criminali, ai quali va data l’opportunità di reintegrarsi nella comunità che il loro crimine ha offeso» (p. 46). «Fare giustizia non significa punire bensì risanare» (pp. 119-120). Questa idea di giustizia come cura e guarigione delle ferite ritorna molte volte nel libro (pp. 149, 152, 161, 167, 119-20). Nel concludere la riflessione sulla esperienza, nella trc, del «cercare di risanare un popolo traumatizzato e ferito» (p. 212) Tutu dice che i membri della Commissione hanno fatto un buon lavoro «per il fatto di avere assunto su di noi una parte del dolore» e per essere stati dei «guaritori feriti» (p. 213). «Un atto diabolico non significa che sia un diavolo colui che lo compie» (p. 67). «Il vero perdono investe anche il passato, tutto il passato, per rendere possibile il futuro. Non possiamo continuare a macinare rancore anche per altri, che non possono esprimersi di persona. Dobbiamo accettare che quello che facciamo lo facciamo per le generazioni passate, presenti e future. È questo che fa di un popolo un popolo e di una comunità una comunità, nel bene nel male» (pp. 203-207). A Marietta Jaeger un uomo rapì ed uccise la figlia Susie, di sette anni. Nei primi momenti, la donna avrebbe ucciso quell’uomo con le sue mani. Poi si convinse che la scelta migliore e più sana fosse quella di perdonare. «Coloro che non trascendono il desiderio di vendetta forniscono al criminale un’altra vittima: inaspriti, tormentati, resi schiavi del passato, finiscono per mortificare la propria vita. (...) La nostra incapacità di perdonare è certamente fonte di rovina. (...) Io credo che l’unico modo per ritrovare l’interezza, la salute, la felicità sia quello di perdonare» (pp. 119-120). e.p. |