Un cammino per chi cerca la pace |
Quelli che seguono sono gli appunti sommari dalla riflessione di don Ermis Segatti nella veglia di preghiera per la pace indetta da vari gruppi nel santuario della Consolata a Torino, il 4 dicembre scorso. «Signore Gesù Cristo che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi dò la mia pace”, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen». Gesù dà la sua pace dopo la passione, delitto politico e religioso. Dopo aver subito l’odio, sa tirar fuori l’amore dall’odio. Anche sotto l’impero duro di Roma gli angeli annunciano la pace, in un mondo che non ha pace giusta. In questo momento di guerra non perdiamo il senso della pace. Questo mondo deve essere luogo di pace. Non è giusto che il mondo subisca guerre. Fra i discepoli di Gesù c’erano ex terroristi (col coltello). Gesù ha tolto al terrorismo il suo fascino, con l’esempio dell’immolare sé stesso per non fare violenza. Una nobile causa non giustifica violenza. Gesù ha preferito subirla. Il vangelo insegna un cammino di pazienza a chi cerca la pace. In certi momenti la pace non può prevalere. Richiede alti valori. Che fare? Guardare senza odio a chi è lontano. Essere lieti che qualcuno non senta odio. Fermare l’odio è un grande passo, è da stimare. C’è tanto odio coltivato, strategicamente voluto. Altra tappa: non vendicarsi, non rivalersi. La pace si costruisce per gradini. C’è chi ha ragioni per chiedere vendetta. Se contiene questo sentimento, non è poco. Un altro gradino: chi si limita anche nell’esercizio della forza, della potenza tecnologica. Non dimenticare l’umanità di chi ti è nemico. Non dimenticare gli innocenti che periscono nel campo avverso. Vederli con la stessa pietà di chi cade tra noi. Non contare solo le proprie vittime. Pregare per tutte le vittime. Metterle nei nostri sacrari accanto ai nostri morti. Chi ritiene di dover usare la forza non disprezzi quelli che vogliono la pace, che oggi sono denigrati. Non si può chiedere a tutti la sensibilità avanzata di pace, ma che almeno non siano accusati quelli che la hanno. Agire in termini nonviolenti ma energici, qui da noi, verso i focolai di radicalismo e intolleranza, in campo islamico come occidentale. Accettare soluzioni di compromesso meglio che di confrontazione radicale. Non pronunciare parole «infinite». Chiediamo al Signore che ci dia di volere la pace, con legittimo integralismo, candidi come colombe e anche prudenti nel cogliere i segni anche parziali di pace. a cura di Enrico Peyretti |