TEODICEA (7) |
Una rivoluzione copernicana |
Nell’ultimo articolo (Teodicea 6, n. 287) abbiamo solo enunciato la tesi fondamentale, che ora deve essere argomentata e sviluppata con una amplissima fondazione che richiederà parecchio spazio e numerosi articoli. Si tratta infatti di ripensare insieme, sotto il profilo ed il punto di vista della teoria dell’informazione, sia la biochimica che certi aspetti fondamentali della filosofia-teologia; il tutto naturalmente sotto il paradigma metodologico dell’evoluzionismo. Parlare di “informazione” (un modo di intendere che non si è ancora consolidato) non è a mio parere molto diverso dall’“uovo” delle cosmogonie mitiche, anche se in chiave ovviamente demitizzata. Infatti in quasi tutte le cosmogonie antiche ogni fondazione inizia dall’uovo, che contiene un principio di organizzazione da cui derivano tutti i differenziamenti. Principio di nascita e di rinascita, l’uovo serba il germe della realtà a venire. Il più grande mistero della biologia è rimasto da secoli, o da millenni, quello della morfogenesi: come un uovo, in circa tre/quattro settimane di metamorfosi, diventi un embrione nel quale emerge l’organizzazione spaziale (o specificazione regionale) dell’organismo. Nell’uovo-embrione (che va verso il neonato) abbiamo il massimo di informazione, di complessità e di sintropia (l’inverso dell’entropia, della tendenza al disordine ed alla perdita di informazione). È questo il vero ed unico miracolo: nell’emergere del piano fondamentale embrionale sembra sconfitto il 2° principio della termodinamica. Dio non interviene. L’assunto è che Dio non intervenga nel decorso naturale e storico dell’evoluzione almeno a partire dall’inizio dell’universo (diciamo dal “big bang” del nostro universo): nemmeno l’origine della materia barionica va attribuita a Lui direttamente, perché egli non interagisce a livello di massa-energia, non s’infiltra a livello molecolare-energetico. Per poterlo fare ha dovuto incarnarsi (il che è avvenuto una volta sola in Gesù di Nazareth). Se è così, è decisivo per tutta la problematica di teodicea. Detto in altre parole, il sistema è libero sin dall’inizio, situabile all’incirca a 12/13 miliardi di anni fa; come non c’era ancora assolutamente nulla di vitale, addirittura niente che lasciasse presagire anche lontanamente la vita minima, quando si è formata la Terra ed il sistema solare circa 4,6 miliardi di anni fa: solo un pianeta infuocato. La nostra teoria ontologica dell’informazione temporalizzata consente di mediare fra loro, e contemporaneamente di escludere vari tentativi ormai in sé obsoleti: quello che tutto sia avvenuto per puro caso stocastico, che ci siano delle leggi/forze pilotanti in maniera deterministica, o che Dio abbia governato il tutto dall’alto. Escludendo poi l’evoluzione abbiamo invece il creazionismo (in biologia), che significava appunto la creazione “diretta” da parte di Dio dei singoli prodotti finiti, ovvero la creazione “separata” delle singole specie, senza la più pallida idea di derivazione filogenetica le une dalle altre; ed era pure, tutto sommato, una creazione in contemporanea (i 6 giorni della creazione nel racconto sacerdotale non bastano per suffragare uno sviluppo temporale, anche perché legati a concezioni teologico-rituali; e comunque nel mito vale la regola fondamentale che la sequenza del racconto non significa una successione cronologica). Perciò, con l’unica eccezione dell’incarnazione, l’inter-relazione di Dio col mondo e col cosmo avviene solo a livello “spirituale-informazionale”, sia nella creazione (la quale precede sia cronologicamente che ontologicamente il “big bang”), sia nel decorso storico (la relazione libera e graziosa di Dio con lo spirito umano), sia nell’eskaton (spirituale sarà di fatto la vita ultraterrena, in cui non sarà tanto ricostituito un improbabile e problematico “corpo” più o meno glorioso, ma sarà ri-configurata l’informazione vitale). Io vedo il vertice e il culmine della mitologia religiosa (cfr. il foglio n. 273) nel Dio invasivo e pervasivo; il centro nodale della religione, come di tutta l’epoca pre-moderna, è l’azione di Dio a livello di massa-energia, tramite la causalità molecolare-energetica: un Dio appunto invadente la natura e la storia. Una tesi per il 3° millennio. È proprio questo nucleo centrale e portante della religione che, nella scia di Bultmann e Bonhöffer, va radicalmente contestato nel 3° millennio. È proprio una caratteristica della fede cristiana attuale riconoscere questo dato di fatto: e in questo tentativo di pensare Dio in un modo decente per la nostra epoca, nonostante le apparenze contrarie di disfattismo critico, c’è molta più fede, spiritualità e mistica autentica che nei «miracolisti-magici» (coloro che vedono e sostengono l’intervento diretto del divino sia nella modalità ordinaria pressoché quotidiana che in quella straordinaria miracolosa; altri che vedono la demitizzazione bultmanniana come uno spauracchio da esorcizzare). L’azione material-molecolare-energetica di Dio nel mondo è l’ultimo baluardo del mito (per l’Italia, basti pensare al fenomeno religioso di Padre Pio). In altre parole, se intendiamo la causalità come la condizione necessaria e sufficiente all’occorrere di fatti o eventi, Dio allora non causa alcunché nel decorso storico-naturale. Per ora affermiamo il “fatto”, lasciando aperto il “perché”: se cioè la cosa sia dovuta ad una scelta/decisione divina, oppure a un vincolo ontologico-metafisico insito nelle strutture dell’essere e nella matrice material-molecolare della biosfera (noi opteremo per quest’ultima concezione). A nostro parere infatti non vale la medievale e cartesiana «causalità eminente» fra Dio e la materia: essa afferma che un ente, il quale non ha niente in comune con un altro, non può agire su di esso se non nel caso in cui ne contenga la realtà in modo “eminente”, in modo più perfetto. Ora un ente contiene in modo eminente la realtà di un altro ente quando gli è ontologicamente superiore; abbiamo quindi una scala degli esseri, in cui i più perfetti possono produrre e agire sui meno perfetti, anche se eterogenei. Naturalmente Dio, in quanto ente supremo e perfettissimo, in questo quadro non avrebbe alcun problema ad agire su tutto il cosmo e le sue creature, sul Dna per guarire le malattie, o deviando pallottole... Ma questa è una visione mitologico-magica. Personalmente considero metafore cristallizzate la maggioranza dei nostri concetti linguistici: quindi metafora per metafora, quelle del linguaggio quotidiano stanno sullo stesso piano di quelle scientifiche, che comunque spesso io preferisco perché più puntuali e precise. Penso quindi che Dio sia in sincronismo intrecciato con l’universo (in analogia con lo stato entangled, intrecciato, della meccanica quantistica), che possa acquisire e comprimere il massimo dell’informazione sul cosmo e sugli uomini sottraendosi al principio di indeterminazione di Heisenberg (sono chiaramente metafore, ma lo sono anche il dire che «Dio ci conosce», «Dio ci salva», «Dio è buono», «Dio è Padre»..., anche se non appare a prima vista). Dio può essere pensato come un essere sommamente intelligente che può acquisire tutte le informazioni possibili sul mondo senza interagire fisicamente con esso, e quindi senza essere soggetto al principio di Heisenberg: senza cioè perturbare il sistema modificandolo. Riassumendo, Dio è condizione necessaria e sufficiente solo di tre poli e momenti: 1) la creazione come innesco della temporalità informatizzata (molto prima del «big bang»), 2) l’incarnazione del Verbo (unica eccezione all’interno della storia), 3) l’eskaton finale post-storico. Nel decorso naturale-storico Dio non è condizione né necessaria né sufficiente di alcunché; cioè non causa nulla e non influisce materialmente su niente. È solo condizione necessaria ma non sufficiente (perché gli uomini possono rifiutare o essere sordi al riguardo) della relazione libera, amorosa, graziosa, esclusivamente spirituale/mentale di Dio con l’uomo. Superamento della magia. Tutto l’impianto si regge solo a determinate condizioni: la prima è che, assumendo l’equivalenza di Heidegger fra essere e tempo e l’equazione vita = informazione, la creazione possa essere vista come avvento-evento dell’essere, come dono della temporalità sempre più informatizzabile, come innesco del principio della complessità con la sua tendenza alla strutturazione e alla organizzazione: a) formazione dei nuclei atomici nelle stelle; b) aggregazione degli atomi nella struttura molecolare, vera chiave del mondo per capire l’auto-organizzazione della materia; c) dalle molecole autoreplicanti alle popolazioni di molecole in cellule compartimentate; d) dai replicatori indipendenti ai cromosomi; e) Dal Rna primordiale come gene ed enzima al Dna separato dalle proteine enzimatiche; f) dai procarioti agli eucarioti; g) dagli organismi unicellulari a quelli pluricellulari; h) dalla formazione del sistema nervoso allo sviluppo del cervello, quindi al linguaggio, all’intelligenza ed alla personalità umana. A partire cioè dal Dio vivente della Bibbia, il cui “mestiere” è quello di dare vita, concepiamo la creazione (anteriore al «big bang») non solo come offerta di senso, ma anche e soprattutto come dono della vita e dell’essere, suscettibile di acquisire sempre più informazione in un sistema assolutamente libero e temporalizzato. Tutto il mondo antico e medievale è immerso nel mito e nella magia, prima che comparisse il primo interprete/demitizzatore moderno della Scrittura, ovvero Galileo Galilei (quel che il grande scienziato ha detto e scritto a proposito dell’interpretazione della Bibbia, lo ritroviamo solo in pieno ’900, Vaticano II compreso). Ciò che Pettinato scrive a proposito degli Assiro-babilonesi (Angeli e Demoni a Babilonia, Mondadori): «La magia investe ogni aspetto della civiltà mesopotamica, in quanto “magica” è la concezione che le genti mesopotamiche avevano della realtà», vale grosso modo di tutto il mondo antico e medievale, e, anche se con accentuazioni diverse e a volte meno intense e marcate, di tutto l’ambito giudaico-cristiano, Bibbia compresa (basti pensare ai racconti dell’infanzia di Luca e Matteo, particolarmente letti nel periodo natalizio). Tutto l’apparato mitico-magico può essere sussunto in una visione teocentrica (come nell’opera Teodicea, scritta in lingua accadica, molto simile al libro di Giobbe). Se in tale apparato «tutto è nelle mani di Dio», in una demitizzazione radicale, nella scia di Galileo, Bultmann e Bonhöffer, vale praticamente il contrario: si conservano invece è insistere di Dio per una relazione libera e spirituale con l’uomo, e il suo sincronismo intrecciato con l’universo. Mauro Pedrazzoli (continua) |