Editoriale |
La sinistra democratica è in crisi quando è al governo e quando è all’opposizione.
La crisi è una dimensione intrinseca del pensiero pensante e della politica che cerca di comprendere e di accompagnare le trasformazioni storiche e culturali di una società. In questo senso qualche volta va in crisi persino la destra, quando i cambiamenti sono così radicali che non basta arroccarsi sulla conservazione, ma bisogna tentare nuove strategie per difendere gli interessi di sempre. Ma una cosa è la crisi e una cosa è la confusione, vale a dire una crisi mal governata che si avvita su se stessa e degenera in marasma. Oggi, lo possiamo ben dire, sono in piena confusione sia la destra che la sinistra. La prima perché, giunta al potere grazie ad alleanze forzate ed a equivoche commistioni di interessi pubblici e privati, tende a fare di questi ultimi il fulcro della propria politica. La seconda perché, paralizzata dallo spettacolo indecoroso della berlusconizzazione della destra e della sua azione di governo, non riesce più ad articolare altra parola che non sia quella della protesta e della denuncia. È chiaro che in questa situazione qualsiasi stupidaggine del Cavaliere viene enfatizzata dal dupplice intervento dei media che la esaltano e degli avversari che la denigrano, così che quest’uomo di piccolo sentire e di smisurate ambizioni riesce a far breccia nell’elettorato proprio grazie alla sua mediocrità. Ciò che dovrebbe invece essere ben presente nella mente di tutti coloro che hanno qualche interesse per il futuro degli organismi e delle istituzioni, che garantiscono la vita sociale, è che sono gli atti e i progetti politici che contano e che vanno valutati, eventualmente contrastandoli con altri atti e altri progetti politici. Nessuno nega che siano state forti le proteste della sinistra contro la legge sulle rogatorie internazionali, contro i progetti di legge sulla giustizia e sulla scuola, contro le restrizioni ai servizi sanitari e sociali della finanziaria e infine contro le ridicole norme sul conflitto di interessi, su cui per altro Ds e Margherita hanno la coda di paglia non avendo provvisto quando potevano. Nessuno lo nega, ma molti hanno sentito che dietro queste proteste non si delinea una vera capacità di alternativa che le riscatti dal rischio di essere fini a se stesse, di suonare come denuncia e riconoscimento della propria impotenza. Di qui l’appello di alcuni alla società civile, il ricorso alla convocazione di assemblee e manifestazioni tese a dimostrare la presenza di un elettorato di sinistra disposto a spendersi a sostegno delle proprie idee e a difesa delle strutture essenziali della convivenza, quando queste sono messe a rischio, come è il caso della giustizia. La vera questione non è Mani pulite. La vera questione è l’equità e la trasparenza della giustizia, che deve essere equale per tutti e libera da sudditanze e da controlli politici. Allo stesso modo per la legislazione sul lavoro, la posta in gioco non è l’articolo 18 in sé, ma il riconoscimento della dignità giuridica, del diritto del lavoratore a essere in quanto tale soggetto di diritti e non solo mano d’opera trattata come merce. E il discorso dovrebbe continuare sulla scuola e sulla sanità. La finalità della scuola e del servizio sanitario non possono essere il profitto. Sottometterle alle regole del mercato non farebbe che commercializzarne i valori, vale a dire distruggerli. Sono vecchi cavalli di battaglia delle sinistre e, in larga parte, anche delle destre sociali. Ricordarli non è certo fare un passo avanti. Ma probabilmente il controllo della crisi politica in cui ci troviamo migliorerebbe di parecchio se su questi temi la sinistra sapesse non soltanto puntare i piedi a difesa dell’esistente, ma anche avanzare proposte politiche proprie e innovatrici, visto che quelle con cui è andata alle elezioni non sono bastate a convincere gli elettori. Ben vengano dunque le manisfestazioni contro i tentativi del governo di destra di sottomettere tutti i poteri dello stato al proprio controllo, di berlusconizzare la Rai e di privatizzare scuole ed ospedali. Ben vengano anche le proposte sulla necessità di un profondo ricambio della dirigenza politica e dell’organizzazione della rappresentanza della sinistra, che non le hanno tra l’altro evitato di appoggiare, tanto dal governo quanto dall’opposizione, l’intervento dell’Italia in guerre insensate e sanguinose. Ma che tutto questo si configuri sempre più come esito e frutto di una profonda riflessione sui fini e sui progetti sociali che la sinistra propone al paese. Solo così la protesta può trasformarsi in programma e come programma proporsi in modo credibile agli elettori. [ ] |